La commare secca e la poetica contaminata di Bernardo Bertolucci

la comare secca

Gli anni ’60 sono un periodo di svolta per il cinema italiano, si sta congedando il cinema classico per far posto a una nuova generazione autoriale, il successo di Accattone di Pasolini fa da apripista ad altri famosi esordi cinematografici. Ed è in questa finestra di tempo che si colloca Bernardo Bertolucci, a ventuno anni è l’esordiente più giovane della storia del cinema italiano. La commare secca (1962) è la sua opera prima, l’impronta pasoliniana è innegabile: Pasolini scrive il soggetto e gli consiglia di usare attori non professionisti, i due sono amici e Bertolucci è anche stato il suo assistente alla regia in Accattone.

Il film narra, attraverso dei flashback, l’indagine sull’omicidio di una prostituta nella periferia romana. La morte della donna (Vanda Rocci), trovata sulle rive del Tevere, viene narrata attraverso i racconti di vari personaggi, in una messa in scena che moltiplica i punti di vista. Il carabiniere (Gianni Bonagura) che interroga ragazzi di vita, ladruncoli e criminali trovati nei pressi del luogo dell’omicidio, è una voce off e lontana, come il potere che rappresenta.

I principali indiziati sono: il Canticchia (Francesco Ruiu), il Califfo (Alfredo Leggi), il soldato Teodoro (Allen Midgette), Natalino (Renato Troiani) e due adolescenti Francolicchio (Alvaro D’Ercole) e Pipito (Romano Labate). I due ragazzi si fanno adescare da un uomo e lo derubano per poter uscire il giorno dopo con delle coetanee, a raccontarlo però è solo uno dei due, perché nella fuga uno annega nel fiume. Ed è proprio la vittima del furto a rivelarsi fondamentale per risolvere l’indagine, perché è stata testimone oculare dell’omicidio e riconosce in Natalino l’assassino.

bernardo bertolucci

La particolarità della pellicola sta nei diversi punti di vista, ogni personaggio ha una propria visione del mondo e questo Bertolucci lo mostra dirigendo ogni episodio con uno stile personalizzato. Un relativismo profondo, dove l’unica certezza resta la morte, a rivelarcelo è il sonetto di Gioacchino Belli che fa la sua comparsa nell’inquadratura finale: «e già la commaraccia secca de strada Giulia arza er zampino», la commare secca del titolo è proprio la morte, alfa e omega della pellicola di Bertolucci. Il giallo viene risolto, ma quello che conta davvero è lo spaccato sociale dell’epoca che il film ci mostra, in un bianco e nero perfetto e con una cifra stilistica ben definita, nonostante la forte influenza pasoliniana.

I personaggi di Bernardo Bertolucci si muovono nella periferia del mondo, disperati e ai margini cercano un modo per andare avanti in una vita che non lesina colpi bassi. Le storie che sceglie di narrare sono drammatiche, divise tra poveri e potenti, angeli e demoni, vittime di un tormento interiore o in balia degli eventi, tra lotta di classe, rivoluzione, sesso e droga.

Pasolini ha dichiarato «È stato girato contro di me», non in senso dispregiativo ma perché scrivendo il soggetto si è ritratto nel personaggio dell’omossessuale adescatore, in modo simbolico e autoironico. Il film riceve un’accoglienza un po’ fredda dal pubblico e dalla critica, qualcuno consiglia a Bertolucci di tornare a fare il poeta, come il padre Attilio. Una piccola parte di critica però ne apprezza proprio gli eccessi e scorge quella scintilla di talento che avrà poi modo di splendere nelle sue opere successive.

la comare secca

La commare secca si caratterizza per una poetica ambigua e contraddittoria, che esalta il senso di smarrimento dell’uomo comune. La mano di Bertolucci si nota soprattutto nelle scene di ballo, che diventeranno ricorrenti nella sua filmografia, molto bella quella nel finale che porterà al riconoscimento dell’assassino. L’opera prima di Bertolucci si rivela una pellicola popolare ma lirica, un po’ Rashomon di Akira Kurosawa e un po’ tragicommedia pirandelliana, La commare secca è un film imperfetto e contaminato da troppe influenze, ma contiene il germe di autenticità di un cinema che si rivelerà più innovativo del previsto, mosso da passione civile e dal rifiuto degli eroi.

Bernardo Bertolucci è l’autore di capolavori come Novecento e L’ultimo imperatore, il film da nove Oscar, che ha fatto la storia del cinema. Se lo sarà pure portato via la commare secca, ma i suoi film non saranno mai dimenticati.