Un giorno all’improvviso: quando gli attori diventano tutto

un giorno

Antonio ha 17 anni. Niente più scuola per lui. Si dedica al suo sogno, diventare un calciatore professionista, e contemporaneamente a gestire al meglio un fardello più grande: l’instabilità della madre malata di gioco. Come se non bastasse, la sua gioventù viene stretta da una precaria situazione economica che lo costringe a lavorare ad una pompa di benzina. Un giorno all’improvviso, nuovo titolo della No.Mad Entertainment, scandaglia un bouchet di sentimenti spesso contrastanti. Da una parte vi sono cronicità del gioco d’azzardo incontenibilità del carattere ammalato di una donna, dall’altro la pacatezza forte e volenterosa di un adolescente costretto a crescere in fretta. Ciro D’Emilio, regista al primo lungometraggio, mette insieme una storia di periferia giocata interamente sugli equilibri fragili di un rapporto epidermico e profondo tra madre e figlio.

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A vestire i panni irosi di questa donna è Anna Foglietta. Usa le grida come primaria forma d’espressione il suo personaggio. Tanto che, consumato da sé stessa, trova momenti di pace soltanto nell’amore sviscerato verso quel ragazzo che certe volte sembra più premuroso di un fratello e più responsabile di un genitore. «L’aspetto materico e carnale era necessario per restituire lo spessore della malattia di questa donna». Ha raccontato la Foglietta durante la recente presentazione per l’uscita cinematografica del film. «La presenza di Giampiero, fisica e interiore, collimava perfettamente con la mia d’attrice, e non di personaggio».  Grazie anche al promettente Giampiero De Concilio l’attrice ha esplorato vie inedite al suo lavoro arrivando alla sua migliore performance recitativa. Oltretutto mette in atto con il suo giovane collega una combinazione alchemica esplosiva.

«Lavorare con Anna significa stare sempre sul pezzo, rimanere sempre in temperatura. Un continuo dialogo di persone e personaggi». Ha spiegato De Concilio. Il suo lavoro fatto di sottigliezze espressive e energie contaminanti dimostra una fermezza e una maturità nell’affrontare il suo mestiere d’attore ben superiori alla media dei suoi coetanei. Un artista che già dalla sua giovane età non smette d’interrogarsi sui lati sconosciuti dell’animo umano si abbandona, come lui, a un lavoro fatto di ragione quanto a importantissimi spazi d’istinto. «Riscrivendo le battute venivano fuori nuove soluzioni inimmaginabili, di pancia. Perché un attore deve comprendere fino in fondo un personaggio per interpretarlo?»

L’incoscienza giovanile a volte premia. Infatti, presentato a Venezia 75, selezione Orizzonti, l’esordio di D’Emilio ha fruttato un Premio Nuovo Imaie per De Concilio e un Premio Fice come Miglior attrice dell’anno per la Foglietta. Senza contare i riconoscimenti dal Festival di Annecy, nella Francia dove il film verrà riproposto, più precisamente a Parigi, l’8 dicembre, sotto egida MiBact. Il regista evita stereotipi rendendo il proprio esordio lucido e duro come un pugno allo stomaco. Niente proiettili o Scampia dei Gomorra. Niente fronzoli o giri inutili con la macchina da presa.

Ambientazione, luce e suono iperrealistici strappano lo spettatore alla poltrona sicura per incastrarlo in un vortice di umanità in conflitto, ferite, denti digrignati, lacrime struccate e palleggi speranzosi. Una storia di vinti dove un ragazzo cerca a tutti i costi di emergere. «Abbiamo diciassette anni.» Gli chiede la fidanzata. «Io non me ne sono mai accorto». Risponde lui in un passo fondamentale ripreso anche dal trailer. Piccolo grande esordio, ne sentiremo ancora parlare per candidature ad altri importanti premi italiani.