Il legame, quando il folklore diventa horror

Il legame
Mia Maestro, Giulia Patrignani e Mariella Lo Sardo in una scena de "Il legame". Ph: Credit: Matteo Leonetti

Il cinema italiano ha alle proprie spalle una lunga tradizione horror che oggi appare però piuttosto appannata. Dopo un grande successo ottenuto tra gli anni Sessanta e Settanta, grazie soprattutto a registi del calibro di Mario Bava e Riccardo Freda, in tempi recenti sono pochi i giovani autori che si cimentano con i racconti del brivido. Se lo scorso anno Roberto De Feo ha convinto critica e pubblico grazie a The Nest, pellicola che ha anche conquistato una nomination ai Fabrique Awards 2019, quest’anno un’altra opera prima a tinte horror è riuscita ad attirare l’attenzione degli spettatori: si tratta de Il legame, esordio targato Netflix di Domenico Emanuele de Feudis.

Ambientato in un piccolo angolo di mondo disperso nella campagna pugliese, questo nuovo lungometraggio prodotto da HT Film e Indigo segue le vicende di Emma (Mia Maestro), una giovane donna che decide di trascorrere qualche giorno di vacanza insieme al futuro marito Francesco (Riccardo Scamarcio) e a Sofia (Giulia Patrignani), la figlioletta avuta da una precedente relazione. I tre si recano nella villa diroccata della madre di Francesco, ed Emma scopre suo malgrado che quel luogo antico cela misteriosi segreti, poggiati su oscure tradizioni e strani rituali magici. Nulla però è come sembra, e la realtà è più terrificante di quanto sembra. O, almeno, vorrebbe esserlo.

Il legame, Domenico De Feudis
Domenico De Feudis sul set de “Il legame”

Seppur lodevole nelle intenzioni di raccontare una storia horror dai connotati interamente italiani, l’opera prima di De Feudis non riesce totalmente a convincere, apparendo vincente nella sua prima parte, ma virando verso soluzioni meno riuscite nella seconda. Se in apertura infatti il regista costruisce una storia particolare, sorretta da una buona scrittura che si muove con destrezza nel folklore del meridione italiano, la conclusione sferza repentinamente verso un immaginario differente e più prevedibile, rileggendo l’intera storia come l’ennesima variazione sul tema della possessione demoniaca, già ampiamente sfruttata tanto in America quanto nella vicina Spagna.

Ciononostante, la regia di De Feudis appare comunque conscia dei suoi predecessori e, pur non distanziandosi da essi, rispetta le regole del genere e riesce comunque a mantenersi in linea con i suoi modelli. Gli vengono in aiuto una buona colonna sonora e un’ottima fotografia, oltre che un parterre di personaggi secondari ben interpretati.

Il legame è quindi un film che, anche alla luce delle premesse che propone, avrebbe potuto (e dovuto) rischiare di più, non rifacendosi solo ai modelli internazionali, ma trovando un proprio elemento distintivo, solo inizialmente accennato. A ogni modo, Domenico Emanuele de Feudis ha il merito di aver esplorato un genere da tempo assopito nell’industria italiana, che oggi, proprio come ieri, ha ancora qualcosa da raccontare.