Alberto Viavattene. Uno storyteller diviso tra videoclip, horror e Sorrentino

alberto viavattene

Alberto Viavattene è un giovane regista torinese, ha un cognome indimenticabile e uno spiccato gusto estetico per la fotografia. Diviso tra i videoclip e i set dei film di Sorrentino, ha trovato nell’horror la sua dimensione naturale. Roxane Duran, una delle star della serie Riviera su Sky Atlantic, è la protagonista del suo ultimo corto, quello che ha conquistato Sorrentino: Birthday. Una serie di fortunati eventi ha messo Viavattene sulla strada giusta e ora è pronto per realizzare la sua opera prima.

Video musicali, corti e spot, sei un eclettico! Come sei diventato regista?

Sin da piccolo ho sempre voluto fare il regista, il primo corto l’ho girato a 16 anni, quando mi hanno regalato una videocamera. A 19 sono capitato su un set come volontario: ho ricoperto il ruolo di video-assist su Il divo di Paolo Sorrentino. Mi sono ritrovato in mezzo a Sorrentino, Toni Servillo e Luca Bigazzi che erano i miei idoli.

Hai lavorato anche sui set di The Young Pope e Youth, come sei finito a dirigere il backstage di Loro?

Sorrentino ha visto il mio ultimo corto, Birthday, gli è piaciuto molto e mi ha affidato la regia del backstage di Loro. È stato un cerchio che si chiude, dopotutto ero partito come semplice volontario. Mi ha colpito e continua a colpirmi il suo modo di girare perché, quando si sta sul set, si ha sempre l’impressione di fare qualcosa di magico, quando poi si vede il film montato ci si rende conto di alcune scelte ed è sempre una sorpresa.

alberto viavattene

Al Festival del Cinema Europeo ho visto il tuo ultimo cortometraggio: Birthday. Da dove nasce l’idea per questo corto patinato e cupo insieme?

L’ho realizzato grazie alla vittoria di un bando della Torino Film Commission. Premetto che per me l’horror nasce dal quotidiano, non è da ricercare troppo in là: un’anziana non più capace di intendere e di volere, chiusa in una casa di riposo in balia del prossimo, è una situazione spaventosa. Poi l’Indastria Film ha coinvolto uno sceneggiatore ma io, già dopo il primo giorno di riprese, avevo capito che non sarei riuscito a seguire la sceneggiatura. Ho dovuto rielaborarla sul momento, l’ho modificata a tal punto che lo sceneggiatore ha chiesto di togliere il proprio nome dai titoli.

Sei l’incubo di ogni sceneggiatore…

Lo so [ride ndr]. È stata una situazione estrema, c’erano pochi giorni e il budget non era alto, andavano prese delle decisioni.

Cosa ti ha portato a scegliere il videoclip come principale forma espressiva?

Il videoclip è una forma espressiva immediata: ti viene un’idea o hai un’immagine in mente, in uno o due giorni si gira e dopo una settimana è tutto online, ne apprezzo la velocità. Preferisco lavorare con gruppi non troppo famosi e piccole etichette, perché mi danno la libertà di poter fare quello che voglio, come per l’ultimo che ho girato: Devo dirty di Luca dei Lapingra.

Insieme ad Anita Rivaroli hai realizzato il videoclip del progetto Rockin’ 1000: mille musicisti hanno suonato insieme le note dei Foo Fighters. Il video è diventato virale, quanto è stato complicato realizzarlo?

Non è stato semplice, c’era da capire come restituire e riprendere nel migliore dei modi l’emozione live di quell’impresa. Non è bastato mettere una decina di macchine da presa nella mischia e poi lavorare al montaggio, si è trattato di avere sempre del materiale buono per ogni strumento e studiare come alternarlo. Il video è andato benissimo, ancora oggi ha 44 milioni di visualizzazioni, non ce l’aspettavamo, è stata una bella sorpresa ritrovarsi coinvolti in un fenomeno virale.

alberto viavattene

Da dove nasce la tua predilezione per il genere horror?

L’horror è un genere nel quale mi sono trovato un po’ invischiato, è stata più un’esigenza, ho capito di riuscire a ottenere una certa attenzione nei festival di genere, dove una buona idea riesce a risaltare anche se hai pochi mezzi. Girerei volentieri anche un film drammatico o un noir, l’unico genere che non farei è la commedia.

Che progetti hai per il futuro?

Ho dei progetti che sto facendo girare tra le case di produzioni. Tra i vari soggetti, ce n’è uno al quale tengo particolarmente: un horror ambientato interamente nella cucina di un ristorante. Sono alla ricerca di un produttore coraggioso, oggi si fanno molti più film di genere rispetto a qualche anno fa, ma manca ancora un po’ di coraggio. Mi è capitato di dialogare con delle produzioni in cerca di progetti horror che hanno definito i miei soggetti “troppo horror”. Tra l’altro, non amo particolarmente i cortometraggi e sono il primo spettatore che si annoia, perché non riesci a entrare in una storia che ne sei già fuori. Mi sento pronto per realizzare la mia opera prima, credo però che il cinema non debba essere un riflesso del proprio essere: il difficile del mestiere del regista, dopotutto, è trovare delle storie che meritino di essere raccontate. Ed è quello che cerco di fare.

Nelle fotografie, Roxane Duran, la protagonista di Birthday, nel ruolo di una giovane infermiera che si approfitta dei pazienti di una casa di riposo finché non entra nella stanza numero 12.