Peggio per me, un piccolo italiano contro gli americani

peggio per me

Le uscite della settimana si potrebbero sintetizzare schierando da una parte un piccolissimo titolo italiano pieno di cuore e idee originali, dall’altra il cinema di genere americano con commedia, thriller politico e film di guerra. Peggio per me è la prima regia uscita in sala di Riccardo Camilli. Il suo protagonista post-verdoniano è un docente di sostegno quarantenne nell’hinterland romano. In via di separazione da una moglie furbetta di cui è ancora innamorato, si accorge a malapena della giovane insegnante di sua figlia che gli fa il filo. Il suo piccolo mondo di comodi ricordi infantili da condividere con l’amicone di sempre perennemente depresso si capovolge quando una sua vecchia audiocassetta prende a parlargli. È il sé stesso dodicenne, creativo e affamato di vita, che dagli anni ’80 si collega tramite mangianastri per rimproverarlo e fargli da guida spirituale.

Camilli mette insieme una commedia zero budget di sorprendente dolcezza e riconoscibilissima onestà. Del resto chi, in scrittura, al primo appuntamento, farebbe andare con un fiore da regalare sia lui che lei? Sul lato sentimentale Camilli si mette sulle spalle un angioletto, la maestra innocente e sensuale interpretata da Angela Ciaburri, e un diavoletto, la mogliettina indipendente ed egoista con il volto di Tania Angelosanto. Mentre incarna una malinconia molto verdoniana l’amico d’infanzia interpretato da Claudio Camilli. Siamo sempre di fronte a un’opera con tutti i difetti tecnici del caso, ma brillano i suoi pregi di freschezza artigianale e sensibile acume nel descrivere i nostri tempi e le relazioni ingarbugliate che spesso lo caratterizzano. La trovata della cassetta che ci lega al passato, poi, è una vera chicca, e anche se latita di patinature da broadcasting potrebbe diventare il micro-cult dell’estate per cinephile di nicchia.

Con 12 Soldiers il Thor Marvel Chris Hemsworth cerca di scrollarsi nuovamente dalle spalle possenti superpoteri e mantello. Questo chilometrico war movie s’ispira alla vera missione militare americana in Afghanistan nel dopo 11 settembre tenuta lungamente segreta. Il protagonista è un capitano indomito che conduce la sua squadra ridotta all’osso contro una battaglia impari e dagli esiti a dir poco incerti. La regia spaccona di Nicolai Fugslig ne fa un polpettone guerresco fatto di frasone testosteroniche e combattimenti poco credibili nella messa in scena, più alla ricerca di vanagloria che di realtà. Così la storia vera diventa un mangia-popcorn come tanti e il povero Hemsworth, già gabbato al box office con i flop Heath of the Sea di Ron Howard e Blackhat di Michael Mann (nonostante tutto, entrambi di buona qualità) non può che affidarsi al fiuto di Jerry Bruckheimer. Se il producer dei Pirati dei caraibi, Beverly Hills Cop e Bad Boys ha messo in piedi anche questo progetto, un buon motivo economico ci sarà. Staremo a vedere.

Con una gay-friendly-comedy sboccata e senza peli sulla lingua, pure su un ragazzino affidato a una coppia omosessuale, si arroccavano rischi numerosi e di vario genere. A Modern Family li scansa furbescamente proponendo il pastiche di una famiglia allargata alle prese con la conquista dell’affido. Certo, per epiteti e linguaggio politicamente scorretti, quando non grevi, non si tratta di film per bambini, ma farà sorridere e sghignazzare, e intenerire riflettendo un po’, sia ragazzi che adulti. Paul Rudd, proveniente dal demenziale e dal cinecomic, compone con Steve Coogan, commediante inglese con doti drammatiche indiscutibili, una coppia di gay eccessivi e brontoloni che non si dimentica. Irresistibili. A dirla grossa, ma forse non così fuori luogo vistane la spassosità, questa commedia, più offensiva forse con gli etero che verso il mondo omosessuale, potrebbe diventare Il vizietto del nuovo millennio.

L’ultimo titolo di genere della settimana è Giochi di potere. Ispirato alla reale vicenda di Michael Soussan, autore dell’autobiografia Backstabbing for Beginners e giovanissimo funzionario delle Nazioni Unite per il progetto transnazionale Oil for Food. Fu lui a scoprire la rete di tangenti che gravitava intorno alla cosa, ma mettendo a repentaglio la propria vita e la propria carriera fece una scelta. Quella scelta è parte integrante del thriller politico uscito in sala con M2 Pictures. Soussan ha il volto di Theo James, star ancora un po’ incastrata nell’ascesa, ma discreto attore. L’istrione, o piuttosto l’uomo del giorno, è invece Ben Kinsley. Come un vecchio leone del set, il suo Pasha, capo di Michael e deus ex machina per il sistema corrotto da impicci su larga scala, ci regala un personaggio dal fascino luciferino. Diavolo e acqua santa insieme a James, i suoi soli atteggiamenti machiavellici valgono almeno mezzo film. Per il resto ci si allinea al genere di riferimento percorrendo in maniera abbastanza canonica i labirintici chiaroscuri tra onestà e corruzione.