Alessandra Mastronardi. Express Yourself

alessandra mastronardi

È tra le attrici più amate del grande e del piccolo schermo: in poco più di un decennio, Alessandra Mastronardi ha fatto breccia nel cuore degli italiani e non solo.

Dalla giovane Eva de I Cesaroni fino alla dolce Alice de L’allieva, passando per serie come Romanzo criminale o I Medici e per numerose produzioni internazionali (Woody Allen vi dice qualcosa?), Alessandra Mastronardi ha condotto con successo una carriera divisa tra l’Italia e l’estero, tra la televisione e il cinema, alla costante ricerca di nuovi modi per esprimere se stessa. E, in occasione del suo ruolo di madrina e giurata dei Fabrique du Cinéma Awards 2020, non può che ricordare ciò che l’ha portata a essere quella che è oggi: «È iniziato tutto per gioco: da ragazza per me la recitazione non era niente di più che un passatempo. Mentre le mie amiche andavano a danza, io facevo provini per spot televisivi o piccoli ruoli. Solo a diciannove anni, quando sono stata scritturata per I Cesaroni, ho capito che recitare sarebbe potuto diventare un mestiere a tempo pieno. Non a caso, di quel set porto ancora nel cuore le parole del produttore Carlo Bixio, che mi disse che se fossi riuscita a fare della mia passione un lavoro, sarebbe stata una grande fortuna per me. E oggi non posso che dargli ragione».

Hai iniziato con la televisione, a cui ancora oggi fai regolarmente ritorno. Cosa rappresenta per te il piccolo schermo?

Io sono nata in televisione, quindi tornare sul piccolo schermo è come tornare a casa. Quando ho iniziato c’era un po’ di snobismo verso gli attori di fiction, e fare il salto verso il cinema non era facile, ma la televisione ha sempre rappresentato per me un mezzo unico per poter entrare in contatto con le persone. Se con il grande schermo sono gli spettatori ad andare in sala con l’intento di vedere il film, con la fiction televisiva devi essere tu a entrare nelle loro case, ad adattarti ai ritmi di chi guarda e a catturare l’interesse del pubblico. Infatti, non amo i progetti eccessivamente adrenalinici o, per così dire, rumorosi: la televisione è come andare a cena a casa di un estraneo, e proprio per questo devi presentarti con eleganza, in punta di piedi.

E poi è arrivato anche il cinema.

Il cinema per un’attrice è un regalo, per un semplice motivo: il tempo. Quando sei la protagonista di una fiction, in una giornata puoi arrivare a girare anche otto o nove scene e, per quanto tu possa impegnarti al massimo per rendere al meglio, il tempo è limitato e non hai possibilità di esplorare il personaggio quanto vorresti. Con i film, invece, generalmente non vai oltre le tre scene al giorno, se non di meno, e puoi prepararti al meglio, dando libero sfogo alla tua gioia creativa, sperimentando e cercando di andare oltre i tuoi limiti.

Cinema e televisione ti hanno portata anche fuori dall’Italia. Oltre al film di Woody Allen (To Rome with Love), hai preso parte a film come Life o a serie come Master of None, solo per citarne un paio.

Nella mia carriera ho sempre cercato nuove sfide e nuove possibilità, non mi sono mai accontentata. Io credo che un attore possa lavorare ovunque e trasmettere emozioni indipendentemente dalla nazionalità e dalla lingua che parla, e questo emerge proprio quando ci si mette in gioco fuori dall’Italia. Per ogni attore, l’esperienza all’estero è diversa: io posso dire che ci sto ancora provando. È dura perché sei una goccia in un oceano, ma non bisogna arrendersi.

Tanti set e tante esperienze, quindi. C’è un progetto che più di altri porti nel cuore?

Tanti, tantissimi! Potrei veramente raccontare molti momenti importanti della mia carriera. In particolare, però, ricordo con piacere Atelier Fontana di Riccardo Milani, perché è stata la prima volta che ho interpretato un personaggio realmente esistito, che non si creava solo nella mia testa. È stata una grande responsabilità, ma mi ha dato anche grandissime soddisfazioni. Anche Master of None è stato un progetto che mi ha regalato moltissimo: ho avuto la possibilità di cimentarmi non solo come attrice, ma anche come scrittrice, creando in prima persona il personaggio di Francesca.

Hai molti fan che ti seguono e ti apprezzano. Come vivi il rapporto con loro?

Non ti nego che la notorietà all’inizio è stata traumatica: ero giovanissima e il successo de I Cesaroni è stato travolgente. Uscivo di casa e la gente mi chiamava Eva! Non ero pronta psicologicamente a perdere l’anonimato e la privacy, infatti in un primo momento mi sono chiusa in una sorta di conchiglia di protezione. Con il tempo, però, sono cresciuta e ho capito che l’amore dei fan è una cosa meravigliosa, che va sempre rispettata. Ancora oggi qualcuno mi chiama Eva, ma non posso che esserne felice: è bello sapere che un personaggio che hai interpretato è entrato così tanto nel cuore della gente.

Sei giurata e madrina dei Fabrique du Cinéma Awards. Che cosa credi serva a un ragazzo o a una ragazza giovane per imporsi nel mondo del cinema oggi?

A parte il coraggio, dici? Assolutamente la caparbietà, quella è fondamentale. Le risposte negative, le porte in faccia e i rifiuti sono all’ordine del giorno quando intraprendi una carriera nel mondo dello spettacolo. Credo però che un giovane autore oggi abbia bisogno anche di un’altra cosa: una buona storia. Abbiamo validi esempi di persone che hanno fatto film di grandissima qualità con pochi fondi, e questo perché hanno qualcosa da raccontare. Non è più necessario tentare di convincere i grandi produttori, magari snaturando l’idea iniziale: oggi, più che in passato, ci sono tanti modi per farsi conoscere, tante piattaforme per mostrare al mondo il proprio talento e anche molti festival e riviste, tra cui proprio Fabrique du Cinéma.

Nel tuo futuro, cosa si prospetta?

Al momento sono sul set di The Unbearable Weight of Massive Talent, produzione internazionale diretta da Tom Gormican e interpretata da attori di primissimo livello come Nicholas Cage, Tiffany Haddish, Sharon Hogan e Pedro Pascal. Come attrice, poi ho ancora tanti sogni da realizzare: mi piacerebbe interpretare personaggi più ambigui, ragazze di cui non ti puoi sempre fidare. Inoltre, voglio dare libero sfogo alla mia creatività: dopo l’esperienza di Master of None vorrei fare ancora un salto dall’altro lato della macchina da presa. Non come regista, ma come sceneggiatrice o produttrice, così da permettere ai nuovi talenti di dar voce alle loro idee e alle loro storie.

fotografa ROBERTA KRASNIG
abiti FENDI
in collaborazione con OTHER