Francesca Ferri vince Best Review con Euforia

La recensione vincitrice del contest Best Review
È di Euforia la recensione vincitrice del contest Best Review

È stata una dura lotta tra i dieci finalisti, combattutissima fino all’ultimo: ma alla fine ha vinto Francesca Ferri con la sua recensione ad Euforia di Valeria Golino, che ha convinto la maggioranza degli oltre 1500 lettori di Fabrique che hanno votato sul sito, facendo vincere a Francesca una collaborazione di un anno alla nostra rivista. La vincitrice è stata proclamata durante la serata finale della quarta edizione dei Fabrique International Awards il 15 dicembre al Teatro India.

Al secondo e terzo posto si sono classificati Carlotta Centonze con la sua penetrante critica a Lazzaro felice e Matteo Mele con quella de Il tuttofare.

L’ottimo riscontro ricevuto dalla rete ci rende orgogliosi e vogliamo ringraziare ancora una volta tutti i recensori e i lettori che hanno reso vivo e appassionante il contest Best Review nell’ambito dei Fabrique Awards 2018. Li aspettiamo con un nuovo contest il prossimo anno…

Euforia, la vita oltre l’opera imperfetta 

Matteo è un giovane imprenditore di successo, audace, affascinante, dinamico che vive in un elegante attico nel centro di Roma. Suo fratello, Ettore, è un insegnante di scuola media, un uomo prudente, integro, che, per evitare qualsiasi passo falso, non ha mai rischiato preferendo così rimanere nell’ombra e nella stessa provincia in cui è nato. Sono due uomini agli antipodi che nel tempo si sono persi. La scoperta di una grave malattia che colpisce Ettore, tuttavia, porta Matteo a riavvicinarsi al fratello e a prendersi cura di lui.

Per la seconda volta dopo Miele, Valeria Golino torna a Cannes da regista con una nuova opera sulla malattia, Euforia, presentato nella sezione Un Certain Regard. Ma è con una spensierata leggerezza e una risata piena di vita che Golino questa volta guarda in faccia la morte, senza mai cedere al facile pietismo. “Euforia è quella sensazione bella e pericolosa che coglie i subacquei a grandi profondità: sentirsi pienamente felici e totalmente liberi – spiega Valeria Golino nelle note di regia – È la sensazione a cui deve seguire l’immediata decisione della risalita prima che sia troppo tardi, prima di perdersi per sempre in profondità”. Matteo, interpretato da Riccardo Scamarcio, e Ettore, da Valerio Mastandrea, sono due uomini che in un certo senso hanno deciso di perdersi. Il primo guarda il mondo dall’alto del suo attico celebrando il culto di sé tra una striscia di cocaina e una festa in terrazza, fregiandosi della sua omosessualità, l’altro schivo e ombroso nasconde il suo malessere dietro una maschera di cinismo. Opposti ma entrambi ugualmente persi nei loro abissi, Ettore e Matteo affondano in un’ossessiva ricerca di euforia, ma la morte li costringe ad affrontare la loro umanità e, così, a ritornare a galla. È nella risalita che Golino aspetta i due fratelli, negli incroci di sguardi ai pranzi di famiglia che la regista cerca frammenti di una inesorabile verità.

Valeria Golino esplora il rapporto tra due uomini che, allontanati da un passato ignoto e riavvicinati dalla tragicità della vita, si riscoprono, in fondo, fratelli ballando come Stanlio e Ollio nelle squallide stanze dell’ospedale. Tra la sobrietà di un disilluso Mastandrea e la frivolezza di un istrionico Scamarcio si celano i migliori momenti di Euforia che è una meravigliosa celebrazione di due grandi attori del cinema contemporaneo. Sullo sfondo di un rapporto ritrovato, la regista accenna un ritratto della società contemporanea di una Roma vista sempre di sfuggita o dall’alto dell’attico. La terrazza di Matteo, tra conversazioni borghesi e la scenografica bellezza di Roma, ricorda inevitabilmente le terrazze del grande cinema italiano, da Ettore Scola a Paolo Sorrentino. E ai maestri del nostro cinema Golino ironicamente rende omaggio, facendo muovere Scamarcio sui passi di Mastroianni di fronte a un Marcello che qui diventa il prototipo di burino romano. Dell’ironia della commedia all’italiana, infine, si nutre il dramma che risplende di un’illogica allegria.

Nonostante una narrazione che a volte perde il ritmo e la delusione di un’opera imperfetta, Euforia ritrova la sua spontanea bellezza nel calore del sole nelle giornate di ottobre, nei pranzi al mare d’inverno o nell’incontro notturno di dita che per un istante si toccano prima di separarsi sulle note dei Nouvelle Vague. Dopotutto, sulla scia di uno stormo di uccelli dalla sorprendente grazia, Ettore e Matteo decidono di risalire in superficie. E così, anche Euforia si salva dagli abissi.