“Il cinema è una religione e la sala è la sua chiesa”. Come può sopravvivere la sala cinematografica?

La sopravvivenza della sala cinematografica

Il 18 febbraio scorso si è tenuta a Roma la conferenza stampa La sopravvivenza della sala cinematografica, organizzata dallAssociazione Nazionale Esercenti Cinema (ANEC), insieme alle rappresentanze dell’esercizio cinematografico ACEC e FICE.

Una data simbolica, due anni esatti dalle prime chiusure in Lombardia a causa della pandemia, e un termine forte: sopravvivenza, scelto proprio per sottolineare la drammatica situazione in cui versa il settore.

Per tutti coloro che sono cresciuti senza l’ampia scelta delle piattaforme streaming, andare al cinema è un rito a tutti gli effetti. La sala buia, il grande schermo, le risate e le lacrime dei vicini, il profumo dei popcorn: è quasi impossibile immaginare un luogo migliore per vedere un film.  Per questo, Gianluca Bernardini, Presidente ACEC (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) azzarda il paragone tra cinema e messa, identificando nella sala il suo luogo di culto.

Tuttavia, nonostante la rilevanza che gli è riconosciuta, la sala fatica a riprendersi la sua fetta di pubblico. Eppure, alla fine del 2019, numeri e risultati erano promettenti e sembravano descrivere un mercato finalmente maturo. La pandemia, però, ha interrotto questo progresso e catapultato in un processo di continua perdita le sale cinematografiche, che ancora oggi stentano a rialzarsi, nonostante nel resto d’Europa il 2021 si sia chiuso con una crescita per il settore.

Conferenza stampa ANEC "La sopravvivenza della sala cinematografica"
“La sopravvivenza della sala cinematografica” conferenza stampa organizzata da ANEC in collaborazione con FICE e ACEC.

Le misure restrittive ancora pesanti, per un luogo considerato tra i più sicuri, certamente non aiutano la ripresa. Dal 10 marzo sarà finalmente possibile tornare a consumare cibi e bevande in sala, ma Mario Lorini, il Presidente di ANEC, sottolinea l’urgenza di una “road map”, un calendario che indichi con precisione la graduale eliminazione delle restrizioni, come già fatto in molti Paesi europei.

La Francia è forse uno dei Paesi più citati in conferenza stampa, non solo per l’allentamento delle restrizioni già in atto, ma per il sistema di tutela dei titoli in uscita in sala: le piattaforme streaming, infatti, devono aspettare minimo 6 mesi dall’uscita in sala prima di poter proporre ai loro abbonati la visione di un nuovo titolo.

Il tema delle finestre di tempo tra sala e streaming è, per Luigi Lonigro, Presidente Nazionale Distributori ANICA, fondamentale. Per quale motivo uscire per andare a vedere un film al cinema, se dopo pochissimo tempo si ha già la possibilità di averlo in streaming, incluso nel proprio abbonamento mensile? L’esclusività è centrale per le piattaforme, che proprio con serie e titoli in esclusiva riescono ad attrarre grandi quantità di spettatori e farsi concorrenza tra loro. Non si può non tenerne conto ed è necessario un intervento istituzionale che protegga il mercato permettendo alle sale di competere alla pari, proponendo titoli disponibili solo al cinema per un determinato periodo di tempo.

Domenico Dinoia presidente FICE (Federazione Italiana Cinema d’Essai), propone un’altra importante riflessione. La produzione in Italia è aumentata, i progetti in corso di realizzazione sono numerosi, eppure solo il 30% viene ideato, concepito e realizzato per la sala cinematografica. Molti prodotti, infatti, sono già confezionati per il piccolo schermo e il pubblico questo lo avverte. C’è bisogno, secondo il presidente Fice, di nuovi autori capaci di scrivere un cinema che guardi, in tutte le fasi, alla fruizione in sala.  È necessario inoltre, garantire più offerta, varietà e dinamismo investendo in multiprogrammazione e miglioramento degli schermi.

Ciò che però emerge con forza da questa conferenza è la necessità di ripensare la sala cinematografica. Un tema molto sentito da diversi anni, diventato però più urgente con la pandemia e con l’onnipotenza delle piattaforme streaming. Tanti hanno ribadito l’importanza di creare un evento sociale attorno alla proiezione di un film, ma c’è bisogno di molto di più. Secondo Fabrizio Gifuni, rappresentate di UNITA (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo), l’esperienza della sala è un rito collettivo. Le sale devono continuare a essere presidi culturali, piazze aperte sulla città e non possono essere considerati solo degli esercizi commerciali. Bisogna fare in modo che la cittadinanza torni in questi luoghi. Il teatro è unico e irripetibile per statuto, perché avviene tra corpi vivi, per la sala cinematografica invece il problema è diverso e per questo è necessario uno sforzo di immaginazione per ripensarla. L’obbiettivo di regolamentazione è sicuramente fondamentale e va perseguito ma, secondo l’attore romano, questi luoghi vanni rivisti e modificati per le nuove generazioni, affinché li facciano propri. La proiezione non basta più, serve la presenza fisica con incontri, dibattiti e attività parallele.

Non è facile, non si cambia dall’oggi al domani ma, in una prospettiva futura, le sale vanno trasformate, devono trovare una dimensione nuova che le renda ancora uniche, irripetibili, indispensabili.

Infine un appello alla politica e all’opinione pubblica affinché si agisca in fretta per salvare un settore, stremato e provato da due anni di pandemia, che ancora fatica a vedere un ritorno alla normalità.