Dei: adolescenza e crescita secondo Cosimo Terlizzi

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Il cinema italiano sta negli ultimi anni riscoprendo i racconti di formazione: pellicole come Scialla (Stai sereno) di Francesco Bruni, Un bacio di Ivan Cotroneo o Piuma di Roan Johnson hanno infatti intrecciato le classiche logiche del bildungsroman con nuovi modelli di intendere l’adolescenza, lontani da ciò a cui ci avevano abituato le produzioni commerciali dei primi anni Duemila. Ultimo in ordine di tempo, Dei (qui il trailer ufficiale) è una nuova ed interessante declinazione del micro-cosmo giovanile, indagato questa volta alla luce di una velata nostalgia che ricorda l’ultimo lavoro di Abdellatif Kechiche.

Martino (Luigi Catani) è un diciassettenne innamorato dello studio e della filosofia. Costretto a vivere nella povertà della campagna pugliese, tenta ogni giorno di fuggire dalla monotonia della vita contadina, infiltrandosi con l’amica Valentina (Angela Curri) alle lezioni di storia dell’arte dell’Università di Bari. Durante il corso, conosce l’affascinante ed enigmatica Laura (Martina Catalfamo), una studentessa che divide un appartamento in centro con un gruppo di ragazzi, tra cui il musicista Ettore (Andrea Arcangeli). Questi nuovi ed inaspettati amici stravolgono completamente la vita di Martino, convincendolo anche a ripensare il rapporto con il burbero padre (Fausto Morciano).

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Opera prima dell’artista e documentarista Cosimo Terlizzi, Dei intreccia fin dalle prime sequenze un interessante impianto narrativo con una dialettica di espedienti esteticamente ricercati. La storia, pur riprendendo logiche da coming of age movie ormai particolarmente diffuse, si svincola da qualsiasi stereotipo, restituendo con credibilità la crescita emotiva e umana del protagonista, nonché la ricontrattazione dell’instabilità connaturata alla gerarchia famigliare. Anche la metafora dell’albero di ulivo, che con cadenza regolare ritorna in sequenze dal sapore onirico, si intreccia coerentemente con la dimensione realista, offrendosi come perfetto contrappunto visivo.

Analogamente, la sceneggiatura venata di sotto-testi filosofici permette di intrecciare la concretezza di una storia estremamente veritiera con una dimensione-altra, lontana tuttavia dalle svolte sovrannaturali di lungometraggi come il recente Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher. Da un punto di vista formale, la formazione pregressa del cineasta favorisce un utilizzo accorto di inquadrature dove l’equilibrio vige da padrone. Come in piccoli tableaux vivants, i personaggi assumo infatti pose dall’eco pittorico, interagendo con gli ambienti ma soprattutto con le luci. Sono proprio queste ultime che, alternando effetti bruciati ad altri quasi stroboscopici, permettono di caratterizzare in modo peculiare alcuni passaggi, tra cui i bellissimi primi piani del protagonista.

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Un conclusivo appunto deve essere infine mosso relativamente al cast. Luigi Catani, classe 2000, si dimostra nonostante la tenera età un perfetto protagonista, abile a giocare sui non detti e di trasmettere la profondità del suo personaggio ricorrendo spesso solo alle espressioni del volto. Ugualmente, il più navigato Andrea Arcangeli incarna un archetipico fratello maggiore, sensibile e duro contemporaneamente, capace di accompagnare il giovane amico nei cambiamenti della vita: l’interprete, già ottimo in The Startup di Alessandro d’Altri, si conferma pertanto uno dei più brillanti giovani divi del panorama contemporaneo. Degne di nota, anche le controparti femminili, come la convincente Angela Curri e l’incisiva Martina Catalfamo.