#IoStoConIlCinemino: una sala cinematografica da salvare

il cinemino

Negli anni delle illimitate possibilità tecnologiche l’esperienza cinematografica tradizionale sta scontando la più dura delle condanne. Le sale si svuotano mentre arriva direttamente sul nostro divano l’ultima serie da guardare in binge. Tanti i cinema chiusi disseminati in tutta la Penisola, una cinquantina a Roma, poco meno a Milano: per lo più sale storiche dal valore culturale ed architettonico, diventate nel tempo luoghi dell’anima. In una realtà dove le luci in sala si spengono, un anno fa a Milano si accende Il Cinemino: progetto ambizioso nato dalla passione per la settima arte e dall’intraprendenza di un gruppo di amici.

Un’iniziativa in controtendenza che ha lo scopo di rinnovare il rapporto tra pubblico e grande schermo. 15.000 tessere e 900 film proiettati sono solo i numeri di un fenomeno che ha trovato sin dal principio linfa vitale nella comunità che ha affollato la sala/salotto e che, purtroppo, sta attraversando un periodo difficile. Abbiamo intervistato Guido Casali, socio fondatore de Il Cinemino (qui il sito ufficiale), per farci raccontare la storia del piccolo tempio di Via Seneca e degli ultimi romantici che l’hanno fondato. 

Riavvolgiamo il nastro. Come nasce Il Cinemino?

Il Cinemino apre i battenti il 10 febbraio del 2018 dalla passione di quattro soci che si mettono insieme con l’idea che ci fosse una lacuna nell’offerta di Milano, convinti che il proliferare di multisale e multiplex stesse spersonalizzando l’esperienza cinematografica. Con una buona dose di coraggio e tralasciando i dati nazionali in caduta libera, abbiamo pensato che ci sarebbe piaciuto creare un piccolo cinema con un bistrò bar e da lì ci siamo messi alla ricerca di uno spazio, che abbiamo trovato in Via Seneca (Porta Romana). Volevamo partire dalle nostre risorse senza passare da fondi e spazi pubblici.

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Da qui il Crowdfunding. Tante adesioni inaspettate e di eccellenza: un risultato unico per un progetto partito dal basso.  

Si, il 3 dicembre 2017 abbiamo organizzato una festa nei locali vuoti per far partire il Crowdfunding con la piattaforma Starteed. Da subito i sostenitori sono stati moltissimi, tanto da raccogliere in poco tempo €50.000,00 con 553 donatori unici. Vincente è stato mettere in vendita delle poltrone personalizzate a €500. Tanti personaggi dello spettacolo hanno così dimostrato sin dall’inizio la loro affezione: Valerio Mastandrea ha regalato una poltrona a Claudio Caligari, la vedova del fotografo Gabriele Basilico ne ha donata una al marito, Federico Moccia a suo padre Pipolo, Riccardo Rossi a Sean Connery e tanti altri ancora. In soli due mesi abbiamo creato uno spazio funzionale con un bistrò bar al piano di sopra ed una sala al piano di sotto di 75 posti, dotata di proiettore DCP e audio 5.1.

Che statuto vi siete dati?

Abbiamo scelto l’associazione perché ci consentiva di coinvolgere altre persone e di devolvere tutti gli introiti alla sala stessa, sempre nell’ottica dell’autofinanziamento. Il bistrò bar, invece, aveva la forma giuridica dell’SRL.

Parliamo della programmazione. Offrite una Line-Up diversa, vicina alle esigenze di un certo pubblico che con difficoltà riesce a trovare una propria dimensione nelle sale.

Volevamo costruire una programmazione unica con cicli e momenti dedicati che si differenziasse da quella più tradizionale presente sul mercato. Per le logiche radicate tra esercenti e distributori non potevamo avere le prime, quindi ci siamo ingegnati, facendo incontrare il pubblico con chi il cinema lo fa e vive in prima persona. Il punto di forza è la condivisione, incontrare persone con cui parlare di quello che si è visto, sedersi ad un tavolino e bere una birra con autori e registi. In poche parole, ridurre la distanza tra lo spettatore e l’opera. La programmazione include cortometraggi che difficilmente avrebbero avuto una distribuzione, film con una vita sfortunata o maltrattata in sala fino ad eventi di vario tipo come il cinema pomeridiano per i ragazzi ed il Cinebau, il CineMammine e Il Cinemino d’Argento. Abbiamo capito, poi, che Il Cinemino si prestava a tante iniziative collaterali al mondo del cinema, come presentazioni di libri e dischi, e quindi le possibilità si sono ampliate.

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Un giorno bussa alla vostra porta la divisione di polizia amministrativa della Questura di Milano (in borghese) e procede al sequestro preventivo della sala. Ci racconti che cosa è successo e come sono cambiate le cose?

Ad ottobre 2017 c’è stato un controllo che ha messo in discussione la natura associativa dell’attività. Ci hanno messo i sigilli. Tieni conto che nei nove mesi in cui siamo stati aperti, abbiamo ricevuto – come è giusto – tutti i controlli del caso, dalla Polizia Annonaria, ai VvF, dai Vigili Urbani alla SIAE, e tutti i controlli si sono conclusi positivamente. La cosa di cui ci siamo resi conto è che vige in materia una normativa antica che fa ancora capo ad un Regio Decreto del 1931, attualizzata da altri più recenti interventi legislativi che hanno però lasciato zone di ambiguità. Persistono ancora molti ostacoli all’attività imprenditoriale ed in queste situazioni spesso si finisce in un circolo burocratico abnorme soprattutto se rapportato a quello per cui siamo nati. Ci saremmo aspettati delle semplici prescrizioni da rispettare ma si è arrivati alla decisione più estrema. In questo momento abbiamo solo un obiettivo: riaprire la sala. Stiamo cercando di capire come arrivare all’obiettivo nel più breve tempo possibile, lavorando con il supporto del Comune di Milano.

Per colpa della burocrazia rischiamo di avere altri Fantasmi urbani*, vittime di una guerra contro il cambiamento. Credi possa esserci un tema di concorrenza?

Credo che l’offerta de Il Cinemino sia diversa ed imparagonabile a quella di altre realtà milanesi. Abbiamo avuto il merito di recuperare pubblico in un momento di crisi del cinema tradizionale. Più crei qualità più costruisci un pubblico di qualità che sarà pronto a ripopolare anche altre sale.

Sui social è immediatamente partita una campagna spontanea con l’hashtag #iostocolcinemino, segno dell’attaccamento della comunità a questa realtà.  

Dalla chiusura è partita la mobilitazione sui social, abbiamo avuto tantissime adesioni spontanee di cittadini appassionati di cinema oltre che il sostegno di personaggi illustri che ci hanno accompagnato sin dall’inizio, come Alessandro Borghi, Stefania Sandrelli, Luca Bigazzi, Filippo Timi, Valerio Mastandrea e molti altri. A tutto ciò si è aggiunto l’interesse della stampa nazionale per la vicenda e delle Istituzioni. Racconto un aneddoto: sotto un post del Sindaco Sala sulla nomina di Milano a città più vivibile d’Italia ci sono state molte risposte che dicevano “Però ridateci Il Cinemino”.

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Quindi adesso cosa farete? Noi abbiamo le tessere pronte!

Stiamo capendo, ci sono tanti temi da valutare come la digitalizzazione delle sale ed il tax credit esercenti. La cosa certa è che abbiamo sviluppato una rete e creato un pubblico che ad un certo punto arriva in sala e quasi non sa che film andrà a vedere, ma viene perché si fida di te. Siamo diventati riconoscibili, suscitando l’interesse di tanti brand che si sono innamorati dell’iniziativa. Credo che si possa parlare di un luogo a 360 gradi che ben si sposa con il mondo culturale ed imprenditoriale, quindi anche in futuro si potranno creare connubi interessanti e intrecciare mondi diversi. In questo periodo di chiusura, incrementato le collaborazioni portando il cinema in altri luoghi e ampliando l’attività dell’Associazione: organizziamo proiezioni ai Frigoriferi Milanesi mentre proprio ieri a fianco alla Fondazione Prada è stato aperto lo Spazio ICA per l’arte contemporanea dove porteremo proiezioni e incontri. Sicuramente Il Cinemino è un modello replicabile e ci piacerebbe aprire tanti Cinemini in tutta Italia a cominciare da Roma. Questo sarebbe il nostro sogno!

#IOSTOCONILCINEMINO

*documentario di Silvano Curcio: realizzato con il materiale audiovisivo proveniente dalle 13 video-inchieste dei 120 studenti del Corso di laurea in “Gestione del Processo Edilizio” della Facoltà di Architettura della Sapienza, diretti dal prof. Silvano Curcio, in collaborazione con MACINE — Festival del cinema chiuso.