In palcoscenico si fa la rivoluzione

Il teatro da millenni, cresce, si evolve, cambia identità e si trasforma. È sopravvissuto ai cambiamenti della storia e del modo di percepire le forme artistiche. Quando, con l’avvento del cinema, molti credevano che per lui fosse giunta la fine, si è reinventato cavalcando le avanguardie artistiche estreme o ritornando alle sue origini. È una creatura multiforme, una delle più longeve della storia. Una necessità rituale, un istinto arcaico che continua a spingere l’uomo a uscire di casa, spegnere TV e smartphone per rinchiudersi in una sala.

Per soddisfare questa necessità Fabrique ha deciso di parlare anche di teatro. La prima tappa di questo viaggio è il Teatrino Groggia di Venezia, dove il direttore artistico Mattia Berto ci ha raccontato la sua storia.

mattia berto foto di arianna novaga
Mattia Berto, Ph: Arianna Novaga

Come nasce il Teatrino Groggia?

Il Groggia è un teatrino di 99 posti, inserito in un progetto di democrazia partecipata per Venezia. Il progetto è nato all’interno di altre realtà sociali, rivolte alle esigenze di chi cerca uno spazio. Il Teatro si trova in un parco pubblico, dove ci sono una ludoteca, una scuola d’italiano per stranieri, una piscina, una casa per i senza fissa dimora, integrati nel teatro – loro sono i custodi dell’edificio –  e infine la Gagiandra (tartaruga in veneziano) una manifattura che riabilita i vestiti usati. Tutte queste realtà sono nate da un progetto di un’operazione democratica e partecipata per Venezia, grazie all’incontro con Anna Ponti. La volontà è stata quella di creare dei luoghi sul confronto delle generazioni, sulle carceri, sui centri psichiatrici.

Da quali spettacoli è caratterizzata la stagione del teatro?

Il nostro intento è quello di far incontrare artisti e pubblico, bambini e anziani, politici e cittadini. Un teatro popolare di tutti e dove tutti sono chiamati a contribuire con le loro idee e con la loro visione del mondo. Con questo spirito io, Anna e Giacinta Maria Dalla Pietà (il mio braccio destro) ospitiamo compagnie indipendenti di giovani attori, anche stranieri. Per quanto riguarda la nostra stagione teatrale, molto spazio è dato agli spettacoli per ragazzi e bambini per far conoscere il teatro alle nuove generazioni. Abbiamo avuto uno spettacolo di Emma Dante, La bella Rosaspina addormentata, portato in scena dalla Compagnia Sud Costa Occidentale, una favola per adulti e bambini dedicata alla scoperta della propria identità sessuale.  Quest’anno in aprile è andato in scena Adamo ed Eva, spettacolo vincitore del bando di produzione della Regione Lazio per la nuova drammaturgia, per la regia di Mauro Santopietro e prodotto dal TSA-Teatro Stabile d’Abruzzo.

Un’altra caratteristica del Teatrino di Groggia sono i laboratori e le residenze per gli attori. Quali i progetti più importanti?

Le residenze e i laboratori sono un pilastro nel nostro teatro.  Per quanto riguarda la formazione degli attori, d’estate organizziamo Fuoco alla paglia, un progetto che coinvolge diversi attori diplomati nelle accademie italiane. I ragazzi hanno l’opportunità di incontrare maestri di fama internazionale e con loro fare un percorso di formazione. Per le residenze, il Teatro è aperto e organizzato per ospitare le compagnie. Diamo spazio ad artisti italiani e stranieri con particolare attenzione per i lavori indipendenti e di ricerca. Lo scorso anno è stata in residenza da noi la compagnia italo-britannica Lyngo-Theatre, con la prima nazionale del suo spettacolo Puss in Boots (“Il gatto con gli stivali”). Lo scopo di questi progetti è quello di dare agli spettatori e a chi partecipa ai lavori, uno sguardo ampio, internazionale sul mondo del teatro di ricerca. Inoltre sempre per quanto riguarda la formazione degli attori abbiamo un legame stretto con l’Accademia Veneta.

Che cos’è per te il teatro?

Una palestra di vita. Avere un palcoscenico significa avere la possibilità di fare una rivoluzione e di trovare il tempo per fare del bene. La prima cosa è stare bene e fare bene.