Denti da squalo, l’opera prima prodotta da Gabriele Mainetti

Denti da squalo
Tiziano Menichelli è il giovanissimo protagonista di "Denti da squalo".

Con la sua Goon Films ha già co-prodotto i suoi primi due lungometraggi da regista Gabriele Mainetti, ma con Denti da squalo inizia l’avventura da produttore puro lasciando la macchina da presa a Davide Gentile. La sua opera prima viene da soggetto e sceneggiatura di Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, premiati con il Solinas nel 2015. Walter è un tredicenne minuto ma coriaceo. Ha perso il papà, vive con una madre apprensiva e la sua estate ciondoloni sul litorale vicino Roma si trasformerà in un’avventura indimenticabile quando s’imbatterà in una grande villa abbandonata dove nella piscina vive uno squalo.

Walter ha il volto di Tiziano Menichelli, attore esordiente che a partire dallo sguardo regala al suo personaggio una solida consapevolezza del mondo che lo circonda, più di quanto la sua età dovrebbe fargli dimostrare. Al suo fianco Stefano Rosci nella parte dell’amico scappato di casa, un po’ bullo e un po’ bambacione. L’estate è da sempre considerata un momento di crescita, piccole e grandi prove fino allo scontro con il mondo dei grandi. Fin qui tutto può essere ascritto al classico coming of age, però Mainetti è riuscito a mettere insieme un nuovo discreto esordio registico con gli echi inevitabili di film come Lo Squalo e Free Willy. Addirittura la primissima scena da spiaggia, con rispettosi distinguo dal maestro americano, ricorda quella di Spielberg. Lo squalo simboleggia forza, pericolo e indipendenza selvaggia, ma i due ragazzi dovranno prendersene cura. Mentre la mamma chioccia e nostalgica, Virginia Raffaele, fatina buona in parannanza ma con l’anima malcelatamente ammaccata dal lutto, gravita intorno a questi due Pinocchio e Lucignolo dalla parlata romana. Ragazzi che a volte, in quei viali assolati ricordano per spensieratezza e incoscienza i quattro ragazzotti di Stand by me.

Riferimenti letterari e cinematografici, almeno a detta degli sceneggiatori sono i Goonies, Totti e Italo Calvino. Un bel range assortito, ma in un modo molto curioso se ne trovano effettivamente tracce. Poi arrivano anche i veterani del cast. “Mi è capitato altre volte di lavorare con ragazzi così giovani. Ma lui è  di un’onestà recitativa rara. Di solito i bambini fanno i bambini. Invece lui è stato veramente forte nel proporsi senza filtri, in modo molto maturo. Sei un piccolo DeNiro”. Ha detto Edoardo Pesce a Tiziano Menichelli durante la conferenza stampa di presentazione parlando dell’approccio del giovane attore alla recitazione sul suo personaggio. E proprio Pesce, fedele ai tanti ruoli da duro che il cinema finora gli ha cucito addosso, prende a prestito camicia hawaiana e zoccoli di legno a questo picaresco boss locale, caratterizzandolo con il marchio di fabbrica della sua veracità al tempo stesso minacciosa e ironica, forse coltivata guardando anche lui da ragazzo i film di Scorsese. È marginale la parte di Pesce, come quella di Claudio Santamaria, solo in quanto a minutaggio, ma restano entrambi iconici, sognati e desiderati dai piccoli protagonisti. Santamaria e Pesce costituiscono in un certo senso i due poli per il micromondo dei ragazzi. Presenze più simili a cameo, ma fondamentali per questo racconto che rinfresca l’estate con una poetica naturalistica delle immagini.

Denti da squaloDistribuito in oltre 200 copie da Lucky Red a partire dal’8 giugno, Denti da squalo potrebbe venir definito favola moderna con l’ambizione di conquistare il pubblico estivo di giovani e non, un po’ come fece lo scorso anno, contro ogni pronostico, l’ultimo lavoro di Cronenberg: Crimes of the future. Ma Denti è decisamente migliore, pur non prodigioso quanto potenzialmente poteva essere. Due ultime menzioni le meritano lo squalo e le musiche. Il primo realizzato fondendo in postproduzione un animatronic di un paio di metri con la classica CGI. Il risultato venuto fuori non delude minimamente, anzi resta ammirevole l’astuzia con la quale la regia ne ha ottimizzato i necessari movimenti e le migliori inquadrature intorno ad essi. Necessità in virtù anche per le seconde, composte da Mainetti insieme a Michele Braga, stesso duo anche in Freaks Out e Lo chiamavano Jeeg Robot. Altro bel marchio di fabbrica che riesce a rendere la giusta magia sonora avvicinando empaticamente lo spettatore alle emozioni dei personaggi sul grande schermo.