Paolo Buonvino, la musica come destino

un'immagine di paolo buonvino

Ha scritto celebri colonne sonore per registi come Muccino, Veronesi, Verdone e Placido. Collabora con artisti italiani e internazionali e fra suoi amici più cari c’è Franco Battiato, di cui è stato giovane assistente.

È la «predisposizione per la commistione tra linguaggio colto con linguaggio popolare», unita alla voglia di sperimentare, che lo ha condotto ad esempio a comporre hit come Eppure sentire interpretata da Elisa e la più recente Renaissance per Skin, colonna sonora della serie Medici.

Ci accoglie nel suo studio vicino al Colosseo, ma è in un bar, davanti a una spremuta e un caffè, che Paolo Buonvino comincia a riflettere assieme a noi su cosa significhi comporre musica oggi.

un'immagine di paolo buonvinoOggi, l’epoca della frenesia dei like, del dinamismo tecnologico e della smania di arrivismo: «Questo impoverimento lo sentiamo più o meno tutti. È come se ogni giorno ci nutrissimo di cibi precotti: probabilmente di fronte a un piatto fatto in casa avremmo all’inizio delle resistenze, ma ci accorgeremmo presto della differenza. Forse è necessario attraversare questo medioevo per riprendere davvero coscienza di noi stessi; nessuno ai giorni nostri è esente dal rischio di produrre materiale vuoto, e questo non vale solo per chi fa arte. Secondo me chi ha la consapevolezza di trovarsi male in questa condizione deve contribuire a creare le condizioni giuste per sé e per gli altri, anche a costo di andare controcorrente».

È a questa autenticità e verità a cui Paolo Buonvino aspira quando compone musica: la verità di se stesso, del proprio sentire, per armonizzarsi, attraverso le note che compone, con le emozioni dell’ascoltatore.

La grande maestria di questo compositore nel tradurre sensazioni e sentimenti in suono non sfugge all’esordiente Gabriele Muccino, il quale dopo averlo ascoltato ne La piovra 8 lo scrittura per il suo primo film Ecco fatto e per quello successivo Come te nessuno mai, grazie al quale Buonvino riceve la prima candidatura al David di Donatello. «Non sapevo nulla di questo premio! Venendo dal mio paesino di Scordia e conoscendo poco il cinema, chiedevo: Ma è un premio importante?”».

un'immagine di paolo buonvinoDa subito tra il compositore e il regista nasce una grande affinità che consente di dare forza narrativa, l’uno con la musica e l’altro con le immagini, al complesso mondo emotivo dei protagonisti dei film, al punto che il pubblico si trova inevitabilmente coinvolto nel racconto: «Come te nessuno mai ad esempio parla di adolescenti che fanno la loro prima occupazione. Gabriele mi spiegò: “Dobbiamo fare in modo che lo spettatore si senta un quindicenne, l’irruzione notturna a scuola deve essere l’inizio della seconda guerra mondiale!”. Io con la musica e lui con le immagini dovevamo rendere l’epicità di una situazione in grado di coinvolgere anche un adulto. Un meccanismo perfezionato ne L’ultimo bacio, tant’è vero che se ne accosti la colonna sonora alla scena di una battaglia vera, ci si adatterà perfettamente. Anche in quel caso infatti dovevamo rappresentare una guerra, quella psicologica fra i protagonisti».

La forte personalità musicale di Buonvino si esprime liberamente nei film e si fa notare, diventando un elemento significante della scena. «La musica arriva senza chiedere permesso. Bypassando l’intelletto sfrutta un imprinting inconsapevole che tutti abbiamo già da prima di nascere, uno dei primi sensi che si sviluppa è proprio l’udito. La relazione tra udito ed eventi esterni è molto forte in noi. Questa capacità innata si arricchisce poi con le esperienze e l’ambiente sociale in cui viviamo: per esempio il pianoforte ha una valenza precisa nella nostra cultura, ti fa sentire a casa, nel Benin invece suona come uno strumento etnico!» Identificare quale, tra fattori innati e influenze culturali, determini in maggior misura una reazione emotiva all’ascolto della musica, è difficile da dire. Non c’è una regola universale, «la musica interviene su ognuno di noi evocando immagini e sensazioni diverse».

A riprova di ciò, assistiamo a un esperimento “in vitro” che Buonvino presenta spesso anche all’università. Ci fa ascoltare un suo brano a tracce separate chiedendoci di esprimere le nostre sensazioni. Iniziamo con la parte ritmica, per poi aggiungere l’armonia, la linea melodica e infine ascoltiamo il brano in multitraccia. In tutti i casi, le nostre reazioni si presentano diverse e variegate, se pur con dei punti comuni. «Quello che emerge da questo esperimento non è altro che la combinazione tra fattori culturali ed elementi psicologici innati che intervengono diversamente su ciascuno di noi. Per questo il musicista deve essere vero ed efficace. Magari toccherà corde diverse, così come è diverso il mondo interiore di ognuno di noi, ma se davvero proverà determinate emozioni sarà più facile per lui sintonizzarsi con la mappa emotiva delle persone che ascoltano. È la differenza che passa tra un sorriso vero e uno di circostanza: se rido davvero la mia risata probabilmente sarà contagiosa».

paolo buonvino e skinLa ricerca introspettiva è per il compositore uno studio costante e consapevole al pari della preparazione tecnica e teorica. Un sapere che trasmette agli allievi del suo laboratorio di musica per immagini, il GoodLab Music, ponendosi l’obiettivo di incoraggiare liberamente la creatività dei musicisti in un contesto di forte condivisione artistica, al fine di creare una condizione di scambio e sostegno reciproco.

La stessa cosa accade quando si confronta con la produzione di brani per i grandi artisti della musica italiana e internazionale: «L’incontro con gli altri artisti mi è sempre utile, così anche la composizione di canzoni perché mi permette di cambiare: se facessi solo film e mai una canzone, entrerei in un circuito di abitudine che preferisco evitare».

Insomma Paolo Buonvino è un artista completo che con professionalità e dedizione ha superato quella che definisce la sfida più importante: riuscire a realizzare il suo sogno. «Vengo da un paesino di 16mila abitanti, con a mala pena due cinema. Non conoscevo nessuno nell’ambiente musicale. Sembrava impossibile farcela. Invece ho sempre pensato che sarei riuscito perché tutti noi facciamo parte di un “ingranaggio” che ci vuole bene, e ci dà la libertà di volerci bene a nostra volta, quindi se sappiamo orientarci, quel bene prima o poi arriva. “I tuoi desideri sono il tuo destino”, diceva Schopenhauer, bisogna saper riconoscere i propri desideri e convincersi che possano avverarsi… perché si avverano!».