Giacomo Triglia, artista di videoclip

Babbo Natale riverso sull’asfalto. Un’ambulanza con le luci accese e un paramedico che arriva a grandi passi per soccorrere il ferito.

È questa immagine così surreale, difficile da cancellare dalla mente, a darci il benvenuto nel video del brano di Brunori Sas La verità, singolo di punta di A casa tutto bene, il suo ultimo album. L’immaginifico video, che racconta la storia struggente di due Babbi Natale assai diversi, è farina del sacco di Dario Brunori. A tradurre in immagini questa fiaba moderna dal sapore dolceamaro è, però, il regista Giacomo Triglia, autore affermato nel mondo dei videoclip nostrano.

Calabrese proprio come Brunori, Giacomo Triglia deve all’incontro col musicista l’esordio sulla scena del videoclip. «Nel 2009 vivevo a Reggio Calabria e curavo la direzione artistica di un festival di video e fotografia» racconta Giacomo. «Lì ho incontrato Dario Brunori che aveva un progetto musicale appena nato. Abbiamo deciso di fare il primo video insieme e mi sono trasferito a Cosenza. Sono stato io a scegliere il singolo, Come stai, che ha iniziato a circolare e da lì ho avuto richieste piuttosto consistenti. Per Brunori ho girato sei video e un docufilm di 40 minuti per SkyArte, Brunori Sas – A casa tutto bene, in cui si racconta il nuovo disco».

Ci sono artisti più legati al videoclip tradizionale in cui viene riprodotta la situazione del concerto e ci sono artisti che amano raccontare vere e proprie storie in pochi minuti. Ma come nasce l’idea per un videoclip? Nel caso di Giacomo Triglia il processo è molto naturale. «Lavoro nel settore dal 2009 e collaboro spesso con Sony e Universal. I discografici ormai conoscono il mio lavoro e sanno già quali artisti affidarmi. Vengo contattato dall’etichetta che mi propone il brano e partendo dalla canzone presento un’idea. Mi lascio ispirare dal pezzo, dal genere musicale, dal testo. A volte parto da una singola scena e poi le dò senso costruendoci una sceneggiatura intorno. Non esiste una formula precisa, ogni video è diverso dall’altro».

I video realizzati da Giacomo per Brunori, Afterhours, Irene Grandi, Zero Assoluto, Francesca Michielin e molti altri nomi importanti denunciano uno sguardo cinematografico e un gusto raffinato per la narrazione. Il regista calabrese ammette: «Ho visto sempre pochissimi video musicali, da giovane non guardavo molto MTV. I miei riferimenti sono cinematografici. Sono cresciuto con Fuori Orario e considero Enrico Ghezzi il mio padre putativo. Ho iniziato girando corti, ma ho smesso perché ho cominciato a lavorare nel videoclip e le commissioni sono arrivate una dopo l’altra. Mi piacerebbe tornare a sviluppare progetti miei, ma per ora non ne ho il tempo».

Sarà questa originalità nello sguardo nutrita da visioni cinematografiche che gli ha permesso di farsi un nome nel settore fino a diventare uno dei registi più ricercati, anche da artisti notoriamente “difficili”. «Di solito mi danno carta bianca. Quando i discografici sanno di avere tra le mani artisti particolarmente esigenti interpellano più registi, ma alla fine sono sempre riuscito a ottenere il lavoro. Quando ho girato il video degli Afterhours Non voglio ritrovare il tuo nome, l’idea iniziale era girare solo il playback con la band. Tutto il resto è venuto in un secondo momento. Manuel Agnelli ha visto il montaggio e gli è piaciuto talmente tanto che abbiamo deciso di aggiungere delle parti più narrative, scene ispirate a fotografie. Dopo aver visto il video, mi chiedono tutti se Manuel è così cattivo, in realtà con lui ho lavorato benissimo. Anche Francesca Michielin è molto esigente, sa esattamente ciò che vuole e quando non è soddisfatta del montaggio ci lavoriamo su insieme. Di solito interviene molto, ma alla fine l’idea è sempre la mia e poi anche con lei ho girato sei video, quindi il mio stile le piace».

Tra tante soddisfazioni derivate dalle sue opere, una battuta di arresto è arrivata quando il regista è incappato nella censura di YouTube. Niente di plateale, naturalmente, ma un tantino sorprendente. «Per Demartino ho realizzato il video di Non siamo gli alberi. Protagonista è una coppia che fa l’amore, ma il tutto viene mostrato al contrario. Si apre con loro nudi a letto e termina quando sono vestiti, all’inizio del rapporto. Non è un video spinto, non si vede molto, ma dopo tre giorni di pubblicazione deve essere arrivata qualche segnalazione perché Youtube ha imposto la censura ai minori di 18 anni».

Come è facile intuire dalle sue parole, per Giacomo la storia è uno degli ingredienti essenziali dei videoclip. L’altro è l’ambientazione, spesso in esterni, occasione per valorizzare scorci inediti della sua Calabria: «È ovvio che quando penso a una location mi vengono subito in mente i miei luoghi, ma non è una questione patriottica» chiarisce il regista. «Io amo girare dappertutto, ma a volte costruisco l’idea su una location specifica perché qui ci sono zone molto suggestive. L’idea di Battito di ciglia di Francesca Michielin è costruita su un antico fortino, una location bellissima e molto particolare che abbiamo usato come leitmotiv del video».

Vista la natura narrativa dei suoi lavori, viene spontaneo chiedersi se abbia mai avuto difficoltà nel far recitare i cantanti con cui ha lavorato: «Di solito non ho problemi. I cantanti sono abituati a stare sotto i riflettori. Quando scrivo io so già se l’artista sarà in grado o meno di fare le cose che ho in mente per lui. Gli unici artisti a cui ho richiesto performance più attoriali, al di là del classico playback, sono Afterhours, Irene Grandi, in parte Dario Brunori ed Eugenio Finardi. A Finardi, per il video di Passerà, abbiamo fatto guidare il trattore. Ecco, se devo dire la verità, vederlo sul trattore è stato l’unico momento in cui ho avuto una certa ansia».