(A)social: sopravviveremo senza smartphone?

(A)social

«Quando è stata l’ultima volta che hai spento il telefono per dieci giorni?»

Da questa domanda parte (A)social – dieci giorni senza lo smartphone, il docufilm del regista alessandrino Lucio Laugelli. Un po’ documentario un po’ esperimento sociale, (A)social racconta in modo genuino e diretto il nostro tempo, caratterizzato dalla dipendenza dal cellulare. L’idea è quella di riprendere un’esperienza di dieta digitale forzata: il regista, infatti, ha portato quattro social addicted in Trentino Alto Adige, lontano dal caos cittadino, e ha tolto loro lo smartphone per dieci giorni. I quattro protagonisti che hanno accettato la sfida di rimanere in montagna offline dal resto del mondo sono un fotografo (Angelo Ferrillo), una cantante (Elisabetta Gagliardi), una modella e influencer (Sylvia Martino) e uno studente universitario (Lorenzo Tawakol). Quattro profili diversi, con età diverse, ma accomunati dall’uso massiccio e costante dei social network, che sia per lavoro o per svago.

Trattandosi in parte di un esperimento sociale, (A)social non ha una vera e propria sceneggiatura e le reazioni dei quattro protagonisti sono state, fino alla fine, imprevedibili e differenti. Infatti, mentre Angelo, nato alla fine degli anni Settanta, si dimentica presto di essere senza lo smartphone, Lorenzo, il più giovane del gruppo, continua a cercare il cellulare con gesti istintivi, come se il telefono fosse un normale prolungamento del braccio. Accanto alle confessioni dei protagonisti, che non sfociano mai nel dramma isterico ed esibizionista da reality show, il film alterna interviste fatte a uomini, donne, bambini e anziani che raccontano la loro esperienza con la tecnologia, mostrando com’è cambiata la comunicazione al tempo di post, like e stories. Attraverso le dichiarazioni di un esperto digital detox, un cantante (Erma Metal), di manager, future mamme e bambini, Lucio Laugelli analizza il paradosso dei social: quando questi strumenti diventano un limite? Perché si preferisce parlare con un amico che vive dall’altra parte del mondo piuttosto che con chi è seduto di fronte a me? Domande attuali che non prevedono una risposta che sia definita e definitiva, e che, inoltre, non sono nuove nella carriera di Lucio Laugelli; infatti, nel 2014 il regista ha realizzato, insieme a Paolo Tonato, Spacciatori di punti di domanda, un progetto fotografico proprio sul tema “dipendenza da social”.

(A)socialDalle fotografie alle immagini in movimento: la riflessione sulla tecnologia viene ampliata e approfondita, prende la forma di un docufilm con un iter produttivo interessante, segno di vitalità all’interno del mondo audiovisivo indipendente e low budget. (A)social nasce come risposta alla call organizzata da Infinity, del gruppo Mediaset, all’interno del progetto Infinity Life, che mira a dare spazio ai giovani talenti italiani e sostenere, anche economicamente, le idee più valide. Tra le moltissime proposte (più di duecento) ne sono state scelte tre, tra cui quella di Lucio Laugelli. (A)social è stato per metà finanziato dalla stessa Infinity e ha poi ottenuto la restante parte del budget tramite crowdfunding sulla piattaforma italiana Produzione dal Basso, online dal 2005. Il film è stato prodotto anche da Stan Wood Studio e dall’associazione culturale Noi Siamo Futuro; grazie alla collaborazione con Mediaset, ha inoltre ottenuto un suo spazio all’interno della piattaforma Infinity ed è stato poi inserito nel catalogo di Première Film.

A-social
Il regista Lucio Laugelli

(A)social è quindi un progetto che si sviluppa a partire dall’incontro fra “alto” (Mediaset) e “basso” (piccole produzioni), un film che parla di tecnologia ed è esso stesso un prodotto nato e cresciuto attraverso tipologie di finanziamento, come il crowdfunding, che sfruttano la portata di Internet, la rete che ci connette al mondo e allo stesso tempo ci imbriglia nelle sue infinite maglie. «Ormai – dice il regista – molte frontiere sono state abbattute all’interno del mondo audiovisivo, le nuove tecnologie permettono praticamente a tutti di girare un film, anche con budget molto bassi. Tuttavia, è innegabile che ci siano anche degli aspetti negativi. Lo smartphone, per esempio, è un oggetto utilissimo, ma è anche un’arma a doppio taglio, soprattutto per le generazioni future, distratte in continuazione da messaggi e notifiche. Il mio intento non era quello di demonizzare la tecnologia, ma di descriverne pregi e difetti attraverso un documentario/esperimento sociale».