Venezia 75: Capri-Revolution, un ritratto al femminile di Mario Martone

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Quest’isola compare e scompare continuamente alla vista
e sempre diverso è il profilo che ciascuno ne coglie.
In questo mondo troppo conosciuto è l’unico luogo ancora vergine
e che ci attende sempre, ma solo per sfuggirci di nuovo.

Con queste parole della scrittrice italiana Fabrizia Ramondino inizia Capri-Revolution (qui il trailer ufficiale), ultimo lungometraggio italiano in concorso nella Selezione Ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia. Siamo nel 1914 e, con lo spettro sempre di un’imminente guerra, la giovane Lucia, unica figlia di una famiglia di pastori, passa le giornate portando a pascolare il bestiame, tra le montagne della celebre isola del Golfo di Napoli. Stanca dell’arretratezza mentale dei suoi famigliari e dei suoi compaesani, un pomeriggio decide di avvicinare Seybu, il capo spirituale di un gruppo di intellettuali dediti alla natura e alla libertà di pensiero. Nonostante il parere contrario dei fratelli, Lucia stringe un legame sempre più forte con l’uomo e i suoi compagni, scoprendo gradualmente una forza interiore che le permetterà di trovare la propria indipendenza.

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In uscita nelle sale italiane a Natale, Capri-Revolution segna il ritorno dietro la macchina da presa di Mario Martone, dopo tre anni dal corto Pastorale cilentana e dopo quattro dal successo de Il giovane favoloso con Elio Germano. In continuità con il passato del regista, questo nuovo lungometraggio pone l’accento fin dalle prime sequenze sul paesaggio, che diventa il vero protagonista della narrazione. Grazie alla fotografia di Michele D’Attanasio e alle scenografie di Giancarlo Muselli, gli scorci montani e marittimi dell’isola di Capri si tingono di una luce nostalgica, che riesce paradossalmente a confermare e a contrapporsi ad un mondo antico ormai – almeno teoricamente – non più così diffuso. Se il tema dell’arretratezza è imperante nella narrazione degli eventi e nella caratterizzazione dei personaggi, tale elemento non è dunque totalizzante nella messa in scena, che guarda al passato come ad una realtà non da riproporre concretamente, ma almeno da ricordare.

Nelle strade e nei sentieri di una Capri malinconica, si muove poi un personaggio inconsueto: Lucia, modello archetipico di una femminilità indipendente, rompe con qualsiasi schema pregresso, rovesciando le logiche culturali che la imprigionavano e aprendosi ad una realtà che le è maggiormente consona. Da questo punto di vista, Capri-Revolution è una storia molto moderna: tralasciando azzardati paragoni con la società contemporanea, Martone rappresenta un ritratto al femminile estremamente controcorrente, la cui riuscita è merito anche della convincente Marianna Fontana, vista in Indivisibili di Edoardo De Angelis. Seppur funzionale per le logiche del racconto, tale focalizzazione appare però sbilanciata rispetto alle linee narrative secondarie come quella dei fratelli o della problematica Lilian, che nella parte conclusiva del lungometraggio si perdono in conclusioni sbrigative o completamente assenti.

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Sempre nella seconda ora, più illuminata è invece la decisione di introdurre un tema difficile come quello della Prima Guerra Mondiale che, in modo non eccessivamente marcato, sconvolge il racconto, portando la protagonista a perdere le proprie certezze e a maturarne altre. Non sacrificando il proprio stile velatamente malinconico, Mario Martone gioca quindi sulla figura femminile fino alla fine, permettendo allo spettatore – uomo o donna che sia – di immedesimarsi con un’eroina tanto moderna quanto implicitamente ancorata al passato, senza sfociare in un pericoloso anacronismo.