Festival di Berlino: l’Orso d’oro va all’Ungheria

Dopo dieci giorni di competizione, file e buona programmazione, la Berlinale cala finalmente il sipario e svela le carte.  La giuria presieduta dal regista olandese Paul Verhoeven premia infatti, un po’ a sorpresa, On Body and Soul della regista Ildikó Enyedi, che si aggiudica così l’Orso d’oro come miglior film, la prima volta per l’Ungheria, riconoscimento che l’anno scorso era andato Fuocoammare di Gianfranco Rosi.

Liaison d’amore atipica e silenziosa quella raccontata, scoccata tra il direttore finanziario di una macelleria e la responsabile del controllo igiene, una coppia che lentamente si avvicina grazie però a un sogno ricorrente e comune, essere due cervi immersi nella neve.

Il Gran Premio della Giuria è andato invece alla pellicola franco-senegalese Félicitè di Alain Gomis, bellissimo ritratto al femminile sullo sfondo di Kinshasa, dove una madre-coraggio cerca i soldi per l’operazione alla gamba del figlio. Strameritato il riconoscimento per Agnieszka Holland e il suo Pokot, Orso d’argento (Alfred Bauer Prize), e soprattutto quello assegnato ad Aki Kaurismäki per The Other Side of Hope, racconto tragicomico sui rifugiati nella Finlandia odierna, che verrà distribuito in Italia dal prossimo 6 aprile grazie a Valerio De Paolis. Un cinema tecnicamente lontano (girato in 35 mm), ma con lo sguardo geniale rivolto al presente, e futuro, ironico, drammatico, attuale, a tratti surreale, che ha fatto riflettere con umorismo sincero e affettuoso, un vero gioiello.

Dopo il successo di qualche anno fa per Gloria, un nuovo riconoscimento per Sebastián Lelio (insieme a Gonzalo Masa) vincitori della miglior sceneggiatura per Una mujer fantàstica, a conferma di un Cile sempre più protagonista. Sul fronte interpreti, l’Orso al miglior attore è andato al tedesco Georg Friedrich (in Bright Night), quello femminile alla coreana Kim Minhee per On the Beach at Night Alone.

E se l’Italia quest’anno non aveva nessuno in competizione, non bisogna però dimenticare l’omaggio straordinario per Milena Canonero, che qualche giorno aveva ricevuto l’Orso alla carriera, e la grande reazione attribuita per Luca Guadagnino grazie a Call Me by Your Name, con un sold out di pubblico che non si ricordava da tempo. Non solo qualità e politica, il Festival, che aveva aperto con Django (incentrato sulla persecuzione riguardo a molti gitani durante la Seconda Guerra Mondiale), ha centrato l’obiettivo della qualità narrativa, esprimendo ulteriormente ciò che in molti, tra gli addetti ai lavori, già conoscevano.

Rimane la consapevolezza che Berlino sia ogni anno, sempre di più, uno degli appuntamenti cruciali, secondo solo a Cannes, per quel mercato distributivo e acquisto, perché queste storie possano girare il mondo.