A Cannes l’Euforia di Valeria Golino supera l’esame

euforia
In concorso nella sezione “Un certain regard” del Festival di Cannes 2018, Euforia, seconda regia cinematografica di Valeria Golino, conferma tutti i difetti e i pregi del cinema italiano medio d’autore: il focus sui personaggi più che sull’intreccio, la capacità di creare singole sequenze d’impatto emotivo e poetico (più spesso poeticizzante), la cronica difficoltà nel costruirci intorno un film propriamente detto.
Une veloce sinossi: Matteo (Riccardo Scamarcio) e Ettore (Valerio Mastandrea) sono due fratelli estremamente diversi, il primo è un imprenditore carismatico e apertamente omosessuale, mentre il secondo è un uomo pacato che vive ancora nella piccola città di provincia dove entrambi sono nati e cresciuti. La scoperta della malattia di Ettore permette ai due fratelli di avvicinarsi e conoscersi veramente, di evidenziare le differenze e di comporre le distanze.
euforia diretto da valeria golino
Non riconosciamo una personalità registica peculiare nella Golino, ma di sicuro una solida preparazione tecnica e una capacità di trovare la giusta distanza dagli eventi messi in scena. L’omosessualità di Marco non è per nulla caricata dei luoghi comuni a cui (troppo) spesso il nostro cinema ancora si affida, e l’evento da cui prende le mosse la vicenda (la malattia di Ettore, che lo costringe a trasferirsi a Roma a casa del fratello) non scade mai nel pietismo o nella lacrima facile.
Mastandrea offre una prova misurata senza rinunciare ad alcuni vezzi di repertorio, ma è Scamarcio, dopo l’ottima prova in Loro di Sorrentino, a confermare di star vivendo una seconda fase di carriera migliore di quanto la prima avrebbe potuto far credere. Fase iniziata proprio qui a Cannes due anni fa, e ancora al Certain regard, con Pericle il nero di Stefano Mordini.
Una ridda di comprimari più o meno indovinati accompagnano la strana coppia di questa sorta di anomalo “buddy movie” (Isabella Ferrari, Jasmine Trinca, che al Regard rimette in palio il titolo di miglior interprete portato a casa l’anno scorso con Fortunata di Castellitto), il cui unico difetto, non da poco, è, come già anticipato, quello di essere scevro di snodi narrativi davvero convincenti, e di andare avanti a strappi.
Una visione non indimenticabile ma, quando i due protagonisti danzano sulle note di Guardo gli asini che volano nel ciel, celebre numero di Stanlio e Ollio, un velo di commozione vi stringerà inevitabilmente la gola. Non più di una sufficienza piena, ma neanche meno.