Si muore tutti democristiani e gli altri outsiders della settimana

si muore tutti democristiani

L’offerta cinematografica della settimana è abbastanza ricca di nuovi titoli, ma questa volta parliamo di tre outsiders profondamente diversi tra loro. Iniziamo con Si muore tutti democristiani. Tre amici più vicini ai quaranta che ai trenta sopravvivono grazie alla loro minuscola casa di produzione: tra di loro, ci sono un eterno ragazzo in balia della sorella materna, un nevrotico in attesa del primo figlio e un marito per convenienza che ha scelto una ragazza ricca di famiglia invece del vecchio amore della vita. I tre vengono tentati da un ingaggio che li porterà a girare un documentario in Africa, ma l’odor di corruzione della fantomatica fondazione dietro al tutto li getta nello scompiglio dell’indecisione. Il Terzo Segreto di Satira è un gruppo di cinque registi che da qualche anno produce video umoristici sull’Italia di oggi. Disoccupazione, politica, razzismo e vita di coppia vengono trattati con intelligenza e ironia dissacrante dai loro attori feticcio Marco Ripoldi (già visto in Pecore in erba), Walter Leonardi e Massimiliano Loizzi.

Per l’esordio cinematografico li ha accompagnati alla sceneggiatura Ugo Chiti, creando una commedia di costume che, senza troppi peli sulla lingua, esplora guai e nefandezze della generazione di trentenni e quarantenni macerati dalle scelte sbagliate e da quelle non fatte. Il film chiama in causa anche Valentina Lodovini, versatilissima e qui in dolce attesa, Francesco Mandelli, affarista con parlantina danarosa, la capatina da sindacalista bigotto di Paolo Rossi e diversi cameo graffianti tra i quali Peter Gomez. E poi un caratterista di cui non si parla mai: il comico dalle mille risorse Alessandro Betti, che qui fa un commercialista strafottente. Un esordio ben congegnato nel racconto, che forse però vede alcuni momenti di fatica: tenere un intero film non è lo stesso che per un filmato di YouTube. Riusciranno i nostri social-satiri a smuovere gli utenti web per un’evoluzione a pubblico di sala?

Quando ci si presenta con un thriller psicologico viene sempre da pensare alla piuma e al ferro di Mario Brega. Nel caso di Le grida del silenzio di Sasha Alessandra Carlesi un po’ di scetticismo rimane. Tra un sonoro concentrato giustamente sull’effetto drammatizzante dei bassi e certi arzigogoli grafici inutili nei titoli di testa, partiamo insieme a una combriccola di coppiette della giovane borghesia palestrata e volgarotta targata Roma nord per approdare ad un’avventura di tensione tra i boschi che potrebbe fare il verso al Cabin Fever di Eli Roth. Invece si sceglie di rinforzare la vena pulsante della love-story a più coppie, procedendo nella quasi indifferenza dello spettatore. La qualità attoriale è quella che è e le idee dell’autrice-regista non riescono a scalfire emozioni che valgano la pena di ricordare. Il mistero chiave di tutto non attanaglia mai, restituendo una noia spezzata da pochi momenti buoni. L’esordio al lungometraggio come tentativo d’intrattenere c’è stato; peccato che insieme siano sopravvissuti una scrittura non raffinatissima e una povertà di mezzi tecnici che poteva essere compensata da più invenzioni creative.

Passiamo a Il dubbio – Un caso di coscienza, l’uscita autoriale più importante della settimana. Utile e rigoroso, il suo stile non esce mai dal realismo, accantonando musiche a favore dei brusii cittadini. Un uomo ha tamponato un motorino e il bambino che era caduto quella sera arriva senza vita nell’ospedale dove lavora. Un medio oriente moderno e un medico che vive il dubbio della colpa, e nel dubbio quest’ultima lo scava. Le incertezze però si allargano a macchia d’olio anche sui genitori del bambino e così le indagini si aprono a vie inaspettate. Il lavoro di Vahid Jalilvand procede in un puzzle acuto e rispettoso. Opera morale che va molto oltre il dettaglio culturale ed estetico dei veli sul capo delle donne islamiche, Il dubbio – Un caso di coscienza mostra la nitidezza di un plot universale dotato di un formalismo esportabilissimo: la vicenda che sa di cinema del reale trae infatti ispirazione proprio da un fatto di cronaca. Il film iraniano ha vinto meritatamente il Premio Miglior Regia e Miglior Attore a Venezia Orizzonti 2017. Dopo il successo in Laguna, dal 10 maggio in sala con 102 Distribution: la speranza è che lo omaggi anche il pubblico italiano.