I film del weekend sull’isola dei cani e sul continente

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Vanno in diverse direzioni i nuovi film in sala questo fine settimana. Dopo la guerra, co-produzione italiana, francese e belga per la regista esordiente Annarita Zambrano, prende la sua vicenda da quelle di cronaca intorno all’omicidio Biagi e al terrorismo di fuggitivi alla Battisti. Decostruita la realtà, la Zambrano imposta il suo personale pastiche drammatico intorno a una famiglia divisa da un grave crimine concentrandosi sulle conseguenze che pagano i familiari del colpevole, pur innocenti. Così, il Giuseppe Battiston ex-terrorista rosso rifugiato in Francia diventa improvvisamente fuggiasco per una nuova legge che gli nega protezione dalla giustizia italiana. La sorella dalla vitalità infranta ha il volto di Barbora Bobulova, mentre la figlia adolescente è interpretata da un’attrice nuova ed energica d’oltralpe, Charlotte Cétaire. I duri cardini narrativi di un tema scottante sono levigati da una regia femminile determinata più verso il fattore relazionale ed emotivo che non su quello documentale, ma la forma estetica che prende è quella di un avvincente noir politico a sfondo familiare.

Con Arrivano i prof passiamo a un titolo più colorato di quanto si pensi. Ivan Silvestrini è un regista giovane che sta esplorando i generi e le proprie qualità. Apertura mentale e professionale non sono sempre scontate nel nostro cinema. Lo stile adottato per questa storiella della classe malandata ondeggia tra il cartoon e il telefilm pomeridiano per teenagers. Claudio Bisio gongola insieme a Lino Guanciale come prof pasticcione per antonomasia, mentre Maurizio Nichetti offre una caratterizzazione quasi muta di un Archimede scolastico sempre invischiato tra esperimenti chimici e modi clowneschi. Dall’altra parte della cattedra Rocco Hunt esordisce sul set con un pluri-ripetente bullo fuori e rapper dentro. Da segnalare la prof con il volto espressivo e promettente dell’ex-Miss Italia Giusy Buscemi. Molto prevedibile nel finale zuccheroso, il film di Silvestrini racconta sì di un liceo, ma si rivolge principalmente a ragazzini molto più piccoli per linguaggio e trovate sempliciotte con risultati spesso sconclusionati. La verità è che rispetto ai film ai quali guarderebbe Arrivano i prof i perdenti destinati al faticoso trionfo hanno poca anima e stentano a sbocciare, così il loro recupero nel finale diventa forzato, non frutto di una crescita dei personaggi strutturata narrativamente.

Passando ai prodotti americani c’è da togliersi il cappello per il nuovo quasi capolavoro di Wes Anderson. Perché quasi? Perché il finale, lunghissimo seppure sensato, reitera una serie di situazioni che potevano accorciarsi. Allo stesso tempo è così ben girato che al ragazzaccio del Texas che guarda il cinema come un europeo glielo si perdona. Anzi, la caratteristica del diluire storie potrebbe farne anche un ottimo narratore per serie tv un giorno. Animazione in stop-motion di pupazzi meravigliosamente strapazzati, questa volta siamo in un Giappone futuribile e intossicato dall’inquinamento dove i cani sono diventati portatori di ogni malattia e per questo confinati quando non soppressi. L’isola dei cani è la storia di un ragazzo giunto sull’isola-discarica al largo di una megalopoli per cercare il suo amico. Anderson lo veste come un astronauta e la sottile parodia al Pianeta delle scimmie non passa inosservata. Sublime estetica delle simmetrie maniacali, regia macchinica, aplomb umoristica irresistibile, colori e animazioni strabilianti come un circo e ritmo narrativo puntuale come un carillon sono un toccasana per gli occhi e il cuore. Spesso si parla in giapponese e i culturemi orientali invadono allegramente lo schermo, anche quando scattano quei ritmi marziali che vorrebbero incutere timore.

Infine, è necessario segnalare A beautiful day. Dargli del nuovo Taxi Driver forse è un po’ azzardato, visto che presenta scansioni, visioni e mood più vicini al cinema di Nicolas Winding Refn. Ad ogni modo abbiamo l’eroe scuro e solitario con le spalle ricurve e la faccia barbuta di Joaquin Phoenix. L’ex-combattente ora fa il mercenario urbano, risolvendo casi in maniera “brutale”. Dovrà riportare la figlioletta rapita di un uomo importante, ma gli si ritorcerà tutto contro, inevitabilmente. Pochissime parole e tanti fatti nel film quasi muto che è stato premiato al Festival di Cannes per Miglior sceneggiatura e Miglior interpretazione maschile. Tra colori acidi e una violenza che disturba quasi più nei suoi risvolti psicologici che per l’efferatezza schermica, la regista Lynne Ramsay propone notti metropolitane tentacolari e nature diurne salvifiche ma impotenti. “Davanti all’ingiustizia può solo una violenza maggiore”, sembra sussurrarci fermamente ogni scena. Tutto è impeccabilmente ordinato nel suo film, ma la follia del buono ossessionato e la perversione di un sistema corrotto fino al midollo fanno da padroni in questo viaggio allucinante dal male alla tentata redenzione.