Hotel Gagarin, Stato di ebbrezza e le altre uscite della settimana

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I film di questa settimana ci portano dai ghiacci dell’Armenia alle spiagge turistiche francesi, dal biopic su una cabarettista alle avventure di Star Wars. In Hotel Gagarin la truffatrice Barbora Bobulova mette insieme una troupe sgangherata per intascare finanziamenti cinematografici. Il regista ha la calma educata di Giuseppe Battiston, l’operatore di macchina è un Luca Argentero in versione fumatore d’erba, lo scenografo lo fa un Claudio Amendola bonaccione e ruspante mentre l’attrice nonché prostituta ha il viso e le macchiette romanesche di Silvia D’Amico. Tutti insieme si ritrovano in questo vecchio hotel sperduto tra le lande armene con il compito di girare un fantomatico film. Ogni personaggio cerca una via di fuga e una nuova vita, così, seppur bloccati in Armenia dalla guerra, la crisi diventa opportunità. La nascita di nuove amicizie e relazioni catapulteranno i protagonisti nella magia più profonda del cinema: il sogno. Commedia sul viaggio dei cambiamenti e sul trovare sé stessi, ha momenti parecchio spassosi quanto qualche incompletezza nella narrazione. La sua assoluta originalità la fa però indubbiamente da fiore all’occhiello.

Negli anni novanta Maria Rossi è stata una cabarettista famosa per i suoi monologhi comici, ma poi l’alcolismo l’ha allontanata dalla scena. Stato di ebbrezza ripercorre la dipendenza, i giorni del ricovero in TSO, il percorso di riabilitazione, il legame con gli altri pazienti psichiatrici e i delicati rapporti familiari. Il regista Luca Biglione non offre una regia tecnicamente eccelsa, né una resa estetica ficcante, ma ha il pregio di aver unito un cast formidabile – che più d’una volta fa commuovere – composto da Andrea Roncato, Antonia Truppo, Nicola Nocella, Marco Cocci, Emanuele Grimalda, Fabio Troiano, Melania Dalla Costa, Elisabetta Pellini e Mietta. Su tutti la protagonista, Francesca Inaudi, che trasfigurata in una donna problematica dalla battuta mordace fa da capofila in questo piccolo film. Grazie al metodo Chubbuck appreso a Los Angeles, la Inaudi decostruisce mirabilmente la sua fisicità sinuosa in una donna rauca, sgraziata e distorta da dolore e dipendenza, ma sempre carica di dinamite satirica negli occhi e nelle battute fulminanti. Il film rappresenta un canto di libertà e insieme il ritratto profondamente doloroso di una rinascita. Una storia vera che ricorda illustri precedenti come Man on the Moon, Qualcuno volò sul nido del cuculo e Ragazze interrotte, e che senza i suoi difetti tecnici dovuti al basso budget poteva essere un gioiello. In ogni caso, la narrazione e il messaggio contro l’alcol restano fortissimi ed emozionanti.

Spostandoci nel sud della Francia abbiamo Mektoub, My Love – Canto uno (qui la precensione). Anni ’90, Amin è un giovane creativo e riservato. Durante le vacanze estive, passa le giornate in spiaggia e le serate spensierate insieme al cugino playboy che rimorchia citando il passo di Aldo Maccione. L’incontro con due belle turiste da Niza e la loro girandola di ragazzi e amiche con la voglia di divertirsi lo travolge. Abdellatif Kechiche, dopo lo scandaloso La vita di Adele, torna con tre ore di vacanze giovanili e sfrenate che a fine visione sembrano offrire quella sazietà esperienziale dei tre mesi estivi ai tempi della scuola. Sensazioni forti d’immersione che il regista riesce a regalare scomparendo, lasciando lo spettatore solo in un tourbillon festoso di bagni al mare, feste in disco e uscite in doppia coppia. Chissà come reagirà il pubblico giovane di fronte a questo Sapore di mare alla francese. Molto probabilmente, però, grazie a una veridicità delle interpretazioni e di ogni situazione, il film tra trent’anni acquisirà un alto valore antropologico.

Quaranta anni fa, invece, Star Wars ci fece scoprire Han Solo e il suo attore Harrison Ford. Oggi, Solo – A Star Wars Story ci rivela ciò che i fans della prim’ora sognavano e immaginavano da anni. Come si sono conosciuti Han e Chewbecca, l’incontro con Lando Calrissian e la prima volta sul Millnium Falcon. Alden Ehrenreich ricostruisce tutte le faccette del giovane Ford tanto quanto Donald Glover sul suo Lando. Tutto sa di amarcord in questa solida regia di Ron Howard, dove azione e drammaturgia sono mescolate con equilibrio e senza gli sfarzi tipici della saga.