La prima coproduzione italo-cinese ha il sapore di “Caffè”

Il cinema indipendente è sempre più una questione di cooperazione internazionale sia a livello produttivo che distributivo. Il mercato cinese, in particolare, è in forte espansione e sempre più attraente. Il caso di Caffè, prima coproduzione ufficiale italo-cinese e attualmente nelle sale italiane distribuito da Officine UBU, è emblematico. Il film racconta tre storie, di cui una ambientata proprio in Cina, unite da un sapore, quello del caffè appunto.


Il regista del film, Cristiano Bortone, ci racconta che Caffè «è stato presentato per la prima volta al Fest di Hong Kong e poi ai pitching del festival di Pechino» per cui è riuscito a ottenere l’appoggio di istituzioni e partners cinesi, pur dovendo però superare «le forche caudine della censura cinese che ha messo all’inizio in discussione molti elementi sensibili» della storia. Da lì è partito un percorso di tre anni alla ricerca di finanziatori, istintivamente sospettosi verso un prodotto europeo, crew e cast, «che in Cina è una sfida drammatica, vista la quantità di film e la scarsezza di talenti». Un percorso non semplice, ma secondo il regista «il film beneficia della complessità e ricchezza del background attraverso cui è nato».

Formazione americana, poi Europa con la sua production company Orisa Produzioni, un David giovani per Rosso come il cielo, che lo ha anche reso noto al pubblico in Cina, ora la prima coproduzione ufficiale italo-cinese per Bortone, che parla cinese e si definisce estraneo al «tessuto del cinema di casa nostra e nei suoi circoli» e «cittadino del mondo», tanto da fondare sia la sua società di produzione tutta cinese, Yiyi Pictures, che Bridging the Dragon, associazione di produttori sino-europei. Fugura chiave della promozione del film in Cina è Clément Magar, General Manager di Go Global, nuova venture di IM Global China dedicata alla massimizzazione e all’esposizione di film cinesi nel circuito di festival internazionali e alla presenza di film internazionali nel circuito non commerciale cinese.

Ricordando che entro il 2020 la Cina supererà gli Stati Uniti in termini di incassi, Clément ci spiega anche che «il box-office è ancora assorbito da Hollywood e film di successo cinesi, ma film indipendenti hanno attirato sempre più l’esposizione nel corso degli ultimi 3 anni con l’uscita nelle sale di diversi film d’essai come Black Coal, The Coffin in the Mountain, Kaili Blues, Crosscurrent», selezionati da distributori locali e con risultati significativi al box-office proprio per le loro prestazioni nel circuito dei festival internazionali. Secondo Clément, il pubblico cinese sta maturando e vuole un’offerta più ampia: «Questa nuova tendenza, insieme con la creazione di un nuovo circuito di film d’essai in Cina e la graduale apertura del mercato cinematografico cinese in conseguenza di accordi di libero scambio del WTO, apriranno nuove opportunità per i film indipendenti europei in Cina».

_mg_1481 Bortone però afferma che è sempre più difficile riuscire a relazionarsi con società di sales e distribuzioni estere e capire che cosa cerca il mercato perché «ci sono troppi film, troppi canali di sfruttamento, il mercato è esploso e i prezzi crollati» e quindi «nella difficoltà di scegliere, sostanzialmente la discriminante diventa spesso la partecipazione ai festival principali», i quali tuttavia secondo Bortone «restano drammaticamente anacronistici nella loro difesa di stili e cinematografie elitarie e lontane dal desiderio del pubblico» salvo poi «invitare per le aperture di gala, le ennesime star americane, solo per poter sopravvivere» e sono quindi secondo lui «fortemente responsabili della crisi del cinema di qualità».

In merito alla situazione dei mercati, abbiamo quindi sentito Alessandro Masi, professionista di International Sales & Distribution di base a Los Angeles e di recente impegnato con società come Sierra/Affinity, di cui ricordiamo il recente vincitore della Festa del cinema di Roma, Captain Fantastic, che ci conferma che «l’accesso ai nuovi capitali e ai mercati in via di sviluppo, e in particolare a quello cinese, è importante per le grosse produzioni delle majors ma rappresenta uno sbocco sempre più appetibile, non solo per quanto riguarda la distribuzione in sala ma anche quella digitale, anche per gli indipendenti, che non possono però prescindere da una curata strategia di promozione attraverso i festival, senza la quale è molto difficile emergere se non si hanno a disposizione attori di grandissima fama globale. La Cina rappresenta un’opportunità anche per il cinema italiano».