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Andrea Strange

Lorenzo Lepore, una voce emergente a metà strada fra De Gregori e Fulminacci

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Lorenzo Lepore, classe ’97 è un cantautore classico e atipico allo stesso tempo. Nonostante la sua giovane età può vantare una bella esperienza: già affermato nella scena emergente romana, si inserisce bene nel mercato attuale grazie al suo stile con il quale riesce a unire il cantautorato tradizionale (a cui si ispira) con l’attualità, la modernità e le esigenze dell’industria musicale. Seppur con un occhio ai grandi del passato, nulla ha da invidiare ai più moderni avanguardisti. E proprio qui, a metà strada fra De Gregori e Fulminacci, troviamo Lorenzo, che ci ha raccontato un po’ di sé.

Iniziamo dal principio: vuoi presentarti? 

Ho 24 anni e sono un cantautore di Roma. Faccio questo da quando mi sono ritrovato una chitarra in mano a tredici anni e casualmente ho scritto una canzone con gli unici tre accordi che conoscevo. Ero in gita con gli scout e quella canzone rimase in testa a tutti i presenti. Da quel momento ho capito che quella era la mia strada e non ho mai smesso.

Come avviene il tuo processo creativo?

Secondo me un cantautore non fa altro che mettere in musica le cose della vita. L’arte è sempre presente, ma noi dobbiamo coglierla e non sempre siamo predisposti a farlo. Poi però arriva un momento magico in cui mi sento di imprimere delle parole nella musica. E quando avviene è una liberazione, un momento di luce in cui viene spontaneo scrivere. Come fare un tuffo in un’acqua purissima, come sorridere veramente senza chiedersi perché.

Quindi, arrivato fino a qui, cosa diresti al Lorenzo alle prime armi?

C’è stato un grande e repentino cambiamento. Perché si cresce e quindi si migliora. Ho fatto tante esperienze, ho suonato tanto su tanti palchi. Ho studiato molto, ad esempio l’Officina Pasolini è stata fondamentale. Ma quello che rimpiango del passato è che si perde un po’ di spontaneità e d’innocenza. Purtroppo ho dato forse troppo ascolto alle opinioni di chi avevo intorno e per questo ora è più raro trovare quotidianamente quella luce che ti fa mettere la vita in musica. Quando si è a contatto con etichette discografiche, produttori, addetti ai lavori, ognuno ha la sua idea e, ovviamente, non si può piacere a tutti. Questo forse mi ha un po’ danneggiato, ma la vita è anche questa: mettersi a confronto con un pubblico consistente. Se potessi incontrare il me di anni fa vorrei riprendermi quella luce, fregarmene di più.

A tal proposito: ora che sei in un’etichetta discografica, come vivi il confronto fra l’industria musicale e l’arte in sé e la tua necessità di espressione?

Ho avuto la grande fortuna di trovare un produttore (Tony Pujia) che ha preso a cuore la parte più controcorrente della mia musica. Futuro, il primo singolo prodotto dalla T-Recs, è un brano poco mainstream: è tutto suonato, senza musica elettronica, spontaneo e improvvisato. Quasi un freestyle su chitarra in canzone d’autore. Quindi il fatto che il team ha accolto questa musica al posto di cose più commerciali mi ha sorpreso, mi aspettavo che un’etichetta pretendesse hit per vendere e basta.

Un anno fa hai vinto un titolo prestigioso: il Premio Miglior Testo di Musicultura. Com’è stata questa esperienza?

Musicultura l’ho sempre vista come un punto da raggiungere e un esempio per tutti i cantautori. Quando è nata negli anni ’90 i primi a metterci la faccia sono stati artisti come Fabrizio de André, Montale. Da lì sono passati i più grandi, come De Gregori e Dalla e, sempre lì, sono nati nuovi cantautori bravissimi che ascoltiamo tutt’ora. Ritrovarmici dentro dopo anni che la vivevo da spettatore è stato incredibile. Ero nel teatro e sorridevo, ridevo, perché non ci credevo. Sento che questa esperienza mi ha consacrato, è stata una conferma del fatto che forse posso farcela.

Quali sono i tuoi artisti di riferimento?

Non posso non nominare Venditti perché mi ha fatto capire che volevo fare il cantautore. Quando i miei amici si guardavano le partite della Roma io ascoltavo le sue canzoni. Poi De Gregori, forse più importante, che è realmente il mio punto di riferimento, perché è un artista che ha sempre raccontato fregandosene di quello che c’era intorno. È difficile trovare qualcuno che mi trasmetta le stesse sensazioni, forse vivo più nel passato che nel presente. Oggi mi capita di apprezzare soprattutto coetanei ed emergenti che mi emozionano e che trovo più validi ed interessanti rispetto a ciò che è più mainstream.

Lorenzo Lepore

Progetti futuri?

Questa estate mi ha dato il piacere di trovarmi dentro tre concorsi importanti: Premio Bertoli, Premio Amnesty International e Premio Via Emilia, quindi sarò impegnato nel partecipare a questi tre eventi. E lo sarò anche nel fare concerti in giro per l’Italia. A breve poi uscirà il mio disco, ci sto lavorando e non vedo l’ora di presentarlo e condividerlo con tutte le persone che vogliono accoglierlo. Sarà un passo decisivo e fondamentale perché dentro c’è tutta la mia vita, il mio pensiero, le mie idee nella forma più pura.

E qual è il fondamento del tuo pensiero che esprimi nelle canzoni?

Credo che sia racchiuso nella canzone Meglio così, penultimo singolo uscito, che racconta della lotta continua tra fare quello che si vuole e cercare di compiacere gli altri. Quando si ha un’esigenza, un’urgenza, una verità che si vuole urlare al mondo bisogna continuare a farlo anche se nessuno ti ascolta. Perché la diversità è la più grande ricchezza che abbiamo.

Ultima, difficile, maledettissima domanda: perché fai tutto questo?

Perché non potrei fare altrimenti. Mi sveglio la mattina e ascolto musica, in macchina ascolto musica, con gli amici ascolto musica, la sera vado ai concerti. La musica è ossigeno per me. Quindi, se è ossigeno fare musica, è ossigeno che posso dare agli altri.

* Andrea Strange è un giovane cantautore romano, giunto secondo al Premio Fabrizio De André e tra i finalisti dell’1MNEXT 2022. Con questo articolo inizia la sua collaborazione con Fabrique alla ricerca dei talenti più “caldi” del momento.