“Antonia”

Ferdinando Cito Filomarino torna al Festival di Torino per presentare il suo primo lungometraggio dedicato alla figura della giovane poetessa Antonia Pozzi.

Nel cinema, come nella vita, è sempre questione di fiducia. Per questo Luca Guadagnino, confidando nelle capacità artistiche di Ferdinando Cito Filomarino, gli ha affidato il compito di portare sullo schermo la personalità complessa della poetessa Antonia Pozzi, morta suicida nel 1938 e già immortalata in Poesia che mi guardi di Marina Spada. È così che il giovane regista, dopo essersi fatto notare con il corto Diarchia, presentato proprio al TFF nel 2010 e poi portato al Sundance, torna alla manifestazione torinese con il suo lungometraggio d’esordio Antonia.

La pellicola, presentata nella sezione Festa Mobile, si concentra sugli ultimi dieci anni della poetessa milanese interpretata da Linda Caridi, evitando la semplice ricostruzione storica e biografica per favorire il ritratto umano e intimo di una creatura dalla sensibilità eccezionale. In questo modo, con uno stile sempre pudico e privo di orpelli, Filomarino dimostra che fare un cinema personale non è una missione impossibile, soprattutto se nel proprio albero genealogico spicca la presenza di Luchino Visconti. Il film sarà distribuito dalla Good Film.

Sappiamo che a “presentarti” il personaggio di Antonia Pozzi è stato il tuo produttore Luca Guadagnino, appassionato conoscitore dei suoi versi. Cosa ti ha affascinato tanto da accettare la sfida e portarla sullo schermo?
Sono rimasto colpito dalla sua contemporaneità. Antonia ha vissuto nell’ambiente culturale milanese tra gli anni Venti e Trenta in piena era fascista. Nonostante questo, però, la sua arte è così intima da trascendere l’epoca in cui si è formata. In realtà il suo spirito creativo appartiene a qualsiasi decennio, senza nessun limite o esclusione. Così ho cercato di raccontare un personaggio capace di trascendere il tempo, pur inserendolo in un periodo preciso e definito. Guadagnino sapeva che io e Antonia ci saremmo incontrati: il bello di avere un produttore come lui è che ti dà il la e poi ti lascia libero. Perciò ho pensato di impiegare tutto il materiale a mia disposizione per definire un ritratto intimo dell’artista, concentrandomi sullo sforzo creativo e sull’urgenza di creare. E nel caso di Antonia Pozzi si tratta di un’urgenza legata strettamente alla vita personale.

Quando si porta sullo schermo un personaggio realmente esistito si deve inevitabilmente scegliere un punto di vista, una prospettiva dalla quale osservare. Qual è stata la tua?
Credo che sia impossibile racchiudere la vita di una persona qualsiasi in un film, tanto meno quella di un essere umano così profondamente complesso come la Pozzi. Io ho cercato di inserirmi all’interno della vita di una ragazza la cui esistenza si svolge su una frequenza completamente diversa da quella del mondo, in un periodo storico particolare come il fascismo. Il mio intento è stato di capire come questa diversità abbia generato in lei la necessità di esprimersi attraverso la poesia. Ecco, in lei ho voluto osservare il puro lato creativo cercando di realizzare il ritratto di un’artista e della sua arte.

Parlando di arte, per la prima volta la poesia non viene declamata ma filmata. Cosa aggiunge questo alla natura del film e del tuo racconto?
Ho avuto un vantaggio dalla mia parte, ossia proprio la poesia della Pozzi, ricchissima di coordinate e di immagini. In questo senso, i suoi stessi versi, come le foto e le lettere, hanno ispirato molte scene del film. Sono stati il punto di partenza per costruire la mia visione. Detto questo, io non credo particolarmente nel tipo di poesia declamata e trovo che la matrice del pensiero della Pozzi sia la carta con le parole scritte. Quello è il modo in cui bisogna viverle. Qualunque altro modo metterebbe una sorta di intruso fra noi e la poesia.

A un certo punto tu sottolinei un momento di profonda intimità della Pozzi con una canzone di Piero Ciampi, un autore moderno.

Secondo me tra Ciampi e il personaggio di Antonia c’è una sorta di affinità elettiva. Anche lui è un poeta che vive la sua vita in modo assoluto, come se ogni momento fosse l’ultimo. Proprio come accadeva ad Antonia. Inoltre, la canzone che ho utilizzato raccontava esattamente quello di cui avevo bisogno, accompagnando l’intimità erotica della protagonista. E, in fondo, ha rappresentato anche l’occasione perfetta per creare l’incontro tra due artisti attraverso il cinema.

Dopo un esordio così personale, quali sono i tuoi progetti futuri?

Adesso ho intenzione di dedicarmi a un film completamente diverso. Si tratta di una storia di genere, anzi di sotto-genere. È una caccia all’uomo vecchio stile con protagonista un americano in fuga nel cuore dell’Europa. Ovviamente il mio intento sarà proprio quello di sovvertire le regole del genere…