Seydou Sarr: Garrone mi ha mostrato qualcosa di me che non conoscevo

Seydou Sarr
Seydou Sarr, protagonista di "Io capitano" di Matteo Garrone, in esclusiva sulla copertina del nuovo numero di Fabrique du Cinéma (ph: Roberta Krasnig).

Leone d’argento a Venezia 80 e Premio Mastroianni all’attore protagonista: se Io Capitano è stato uno dei casi cinematografici di quest’anno, al pari Seydou Sarr è stata una scoperta davvero inattesa.

È a lui che dedichiamo la nuova cover Fabrique du Cinéma, giovane senegalese scelto da Matteo Garrone per raccontare l’epica della migrazione senza morbosità, senza distorsioni voyeuristiche e senza rincorrere un messaggio ad ogni costo. Ha sempre sognato il calcio: il grande cinema è arrivato per caso, presentandosi ai casting del film organizzati a Thiès, a un’ora e mezza da Dakar. La storia di Seydou è incredibilmente simile a quella del suo personaggio: e proprio come lui, su quello che arriverà dopo rimane un’affascinante incognita. Nel frattempo ci racconta il viaggio.

Seydou, partiamo dal provino per il film: come ti sei preparato? Avevi capito realmente cosa stavi andando a fare?

No, davvero non lo sapevo cosa stavo andando a fare, perché c’erano tante altre persone, credo più di cento. Mia sorella mi ha accompagnato e mi ha aiutato molto a sostenere l’audizione.

Quanto è durato il viaggio di Seydou Sarr insieme a questo personaggio che ha il suo stesso nome? La preparazione, lo studio, le riprese?
Direi che in tutto è durato più o meno tre mesi: quando eravamo in Senegal la

situazione era più tranquilla, ma la parte più complessa è iniziata in Marocco: lì è stato davvero difficile, c’erano molte emozioni che dovevo esprimere. Quanto alla preparazione, a essere sinceri non ne ho avuto il tempo, perché era la mia prima volta su un set e non sapevo cosa mi aspettava.

Cosa sapevi dell’Italia prima di questo film? Condividevi le vere e durissime avvertenze che la madre di Seydou dà al figlio?

A dire il vero dell’Italia non sapevo granché, perché il mio sogno era andare in Europa. Per quanto riguarda gli ammonimenti della madre a Seydou, è giusto che lei glieli abbia dati, è sua madre, ma non possono trattenerlo. Lui vuole aiutare la famiglia, e alla fine ci riuscirà. Ecco, io penso che Seydou abbia ragione a non ascoltare la madre, perché non può restare a casa senza fare nulla, anche se realizzare il suo desiderio sarà tutt’altro che facile.

Tu invece hai vissuto per diversi mesi a casa della mamma di Matteo Garrone. È un aneddoto curioso. Come è successo?

Sì, è vero, sono stato da lei per quasi un anno. È successo quando avevamo finito le riprese ed ero tornato in Senegal: poi però mi è stato detto che dovevamo girare una nuova scena in Italia con Moustapha [Moustapha Fall, che nel film interpreta Moussa, il cugino di Seydou ndr], e le riprese avrebbero richiesto altri quattro giorni. Mi sono detto che non sarei rimasto in Italia solo per quattro giorni. Così ho chiamato Matteo per dirgli che mi sarebbe piaciuto prolungare il mio soggiorno e lui mi ha invitato ad andare a casa della madre.

Hai vinto il Premio Mastroianni come Miglior attore emergente: Mastroianni è un’istituzione, rappresenta la grande storia del cinema. Tu fino a poco fa sognavi il calcio.

Quando ho ricevuto il premio a Venezia ero davvero contento e fiero. Se ora avrò la possibilità di continuare con il cinema lo farò, perché il modo in cui Matteo ha lavorato con noi mi ha permesso di capire che c’era qualcosa che dormiva in me da molto tempo e che non conoscevo. Ma anche il calcio non lo lascerò, perché è sempre stato il mio sogno.

Qual è l’immagine o la scena del film che ti colpisce di più, ogni volta che lo guardi?

Sicuramente è la scena in cui una signora anziana doveva morire tra le mie braccia durante la traversata del deserto. Anche mio padre è morto tra le mie braccia: di colpo non vedevo più la signora, vedevo mio padre, ed è stato un momento difficile.

Hai paura di quello che succederà dopo? Dopo il film, dopo Garrone, dopo gli Oscar, dopo un debutto così inaspettato e fortunato?

No, non ho paura. Perché se avrò la possibilità di continuare con il cinema, lo farò, altrimenti farò qualcos’altro. Per me non esistono lavori di serie B.

Fotografa Roberta Krasnig, assistente Davide Valente; Stylist Flavia Liberatori, assistente Vittoria Pallini; Hairstylist Adriano Cocciarelli per Harumi; Makeup Iman El Feshawy; Abiti Paul Smith, Fendi, Sandro

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