Tanino Liberatore

Una tavola da Lucy -L’espoir.

ANATOMIA D’ARTISTA

Disegnatore, fumettista, illustratore, artista, è la matita che ha testimoniato l’evoluzione del corpo umano nel fumetto italiano.  Dalla fine degli anni Settanta collabora con Stefano Tamburini diventando un punto indelebile nella storia del fumetto italiano e internazionale con le tavole sulle riviste Cannibale e Frigidaire. Ha cambiato l’immaginario fantascientifico con le sue caratterizzazioni di Ranxerox.

È stato un occhio prima di una mano. La sua formazione e il suo percorso artistico sono stati segnati da un’esperienza in più, propria dello scorso secolo. Non è stato il liceo artistico, né la facoltà di architettura: Tanino Liberatore, classe ’53, rimase influenzato dalla visione dello sceneggiato RAI La vita di Michelangelo del 1964 con Gian Maria Volonté.

TL: Mi affascinava la vita di quest’artista mentre preparava gli schizzi della Cappella Sistina. Dopo ogni puntata scappavo nella mia cameretta e mi chiudevo a cercare di disegnare a mia volta i dannati. Quei corpi con quelle pose così sinuose, così diversi da qualsiasi altro corpo visto, segnarono la mia immaginazione e la mia visione della figura umana.

Il fumetto ha sempre ruotato intorno a lui, dalle prime letture de Il Grande Blek, ai primi disegni, alla prima pubblicazione a nove anni di un suo ritratto del calciatore Jair, della sua Inter, sulla posta di Topolino. Crescendo sono stati gli autori francesi a richiamare la sua attenzione, come Moebius in Arzach. A convincerlo a buttarsi, invece, quelli italiani come Andrea Pazienza, soprattutto dopo la lettura di Armi realizzato su carta millimetrata a colori.

La sua ricerca artistica è il disegno in tutte le sue forme, sia che si declini nel fumetto, sia nell’illustrazione. TL: Il fatto di essere un disegnatore d’illustrazione è nella mia natura perché è l’unico modo per esprimermi al 100%.

E ha sempre preferito l’immagine singola alla narrazione seriale.

TL: Sono più un fotografo che un regista, più illustratore che fumettista narratore. Ho uno stile viscerale, c’è poco di ragionato dietro il mio disegnare, non mi lascio guidare troppo dalle indicazioni di sceneggiatura per disegnare un’inquadratura.

Le sue intrusioni come disegnatore arrivano anche nel cinema, con bozzetti, caratterizzazioni e costumi per film come Ghostbuster e Asterix e Obelix. Oppure le illustrazioni per le copertine di alcuni album come The man from Utopia di Frank Zappa.

Dal ’82 vive e lavora a Parigi. Ha collaborato con moltissimi sceneggiatori ma è con Stefano Tamburini, fumettista scomparso nel 1986, che il coinvolgimento è stato totale. La profonda amicizia e le affinità culturali e musicali hanno creato un binomio prolifico.

TL: Sapevo che lavorare per qualcun altro significava scendere a compromessi. Con Stefano c’era invece un rapporto unico, fatto di amicizia e grande comprensione professionale: eravamo per tanti aspetti diversi ma avevamo le stesse visioni sul futuro, mi lasciava completamente libero di interpretare e disegnare. Per Ranxerox facevo il regista, il direttore della fotografia, il costumista, lo scenografo, il location manager.

Liberatore ha sempre considerato i nuovi progetti come sfide che diventano opportunità per scoprire nuovi mondi e lanciare l’immaginazione lontano, un modo per sentirsi sempre stimolato a trasformare la sua visione delle cose.

TL: Non conoscevo l’immaginario underground americano prima di Cannibale, è stato un incontro che mi ha liberato, non tanto dalla parte del disegno ma di quello dei soggetti, ha fatto uscire fuori tutta la mia parte peggiore

Il suo disegno è sempre stato legato a soggetti lontani dalla quotidianità. Storie avvolte in un passato remotissimo o ambientate in un futuro prossimo, come se fossero tempi per niente sicuri, dove tutto si può inventare. È il caso di Lucy – L’espoir, una storia scritta da Patrick Norbert sull’origine dell’uomo, e che segna il suo passaggio all’impiego di tecniche digitali.

TL: In ogni periodo artistico della mia vita c’è sempre stata di mezzo la tecnica. Personaggi nuovi creati con tecniche nuove. Il soggetto di Lucy mi piaceva da sempre. Volevo un lavoro molto realistico, ho iniziato ad apprendere le tecniche digitali del disegno. L’evoluzione del lavoro di Lucy è stata consequenziale all’evoluzione del mio approccio al computer. È stata una simbiosi di cui sono molto soddisfatto e fiero.

Dal futuristico Ranxerox all’australopiteco Lucy, ciò che contraddistingue il disegno di Liberatore è sempre il corpo umano, l’anatomia, come in un unico grande percorso temporale dal passato al futuro, che analizza il corpo nelle sue più svariate espressioni facendoci scoprire un’umanità bestiale.

TL: Ho un buon rapporto con il mio pubblico, soprattutto con quello che non mi conosce.