Ratigher: quello che scrivo e disegno è dovuto a Daniel Clowes

La fortuna di avere un padre che legge fumetti è che sin da piccoli ci si abitua a raccontare il mondo con i disegni. Il mondo, le storie, le persone, le amicizie. Francesco D’Erminio, in arte Ratigher, cresce così, nella sua natura il raccontare è imprescindibilmente disegnato.

Tra le letture di tutti i generi possibili quelle dei manga e dello Spiderman dei primi anni ’90 sono le influenze che aumentano la sua voglia di diventare un fumettista. Ma il mare è sterminato e si rischia di perdersi. A segnare una direzione nel suo viaggio sono stati gli anni dell’università, anni in cui divide la casa con Tuono Pettinato, altro fumettista di talento. Il confronto e lo scambio di letture aumenta la voglia di esprimere il proprio tratto.

Ratigher: Ma quello che scrivo e disegno è dovuto a David Boring di Daniel Clowes. Un giorno ero a casa e, finito di leggerlo, salto sulla sedia, corro di là da Tuono e gli dico: «Qui dentro c’è tutto, se qualcuno ha fatto qualcosa di simile, anche noi allora dovremmo tentare».

 Gli artisti si incontrano, si parlano, si aiutano e a volte ufficializzano una collaborazione creativa che diventa qualcosa di indelebile nel panorama culturale. Ratigher, Tuono Pettinato, Maicol & Mirco, Dr. Pira e LRNZ creano i Super Amici, poi diventati i Fratelli del Cielo. Un gruppo dove Ratigher trova nuovi stimoli in stili completamente diversi dal suo, caratterizzato da un’attenzione per i personaggi difficili, crudi e apparentemente poco affascinanti, antieroi che diventano grandi perché l’autore trova in loro un valore e un significato.

Il suo fumetto parte sempre da una storia, un evento, un racconto piccolo, anche solo un dialogo accennato e poi cresce e diventa una storia lunga. La lunghezza delle opere va di pari passo con l’evoluzione della sua esperienza e le pubblicazioni: prolifico nei fumetti brevi in passato, ora pronto a disegnare lunghe storie. Dai racconti di Bimbo Fango a Trama, il suo primo libro a fumetti.

 

R: Partivo da storie brevi perché non ero in grado di gestire racconti più estesi, la tecnica e la lunghezza delle storie sono cresciute insieme. Non sentivo l’esigenza di lavori più corposi perché non sapevo come muovermi. Sono un avidissimo lettore di libri, ma ho iniziato tardi. È stata la lettura di libri più articolati che mi ha formato e stimolato nella costruzione di storie lunghe.

In un mercato dove spesso il fumetto predilige un formato lungo Ratigher si è imposto con un’opera di 64 pagine. Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra. È la storia delle adolescenti Castracani e Motta, e del loro modo di rispondere alle distanze e alle incomprensioni che vivono a scuola, nella società, in famiglia, con la loro arma più forte, l’amicizia.

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R: È un lavoro in cui ho messo anima e corpo. Poche pagine, lo so, forse ha troppo poco respiro. Ma è il mio stile e mi piace questo formato. Amo le storie medie, anche se ora sto scrivendo un libro molto lungo. La necessità di aumentare la mole è per dare respiro a tutte le sfaccettature. I miei fumetti sono molto ritmati e continuerò con questo passo, ma finora non mi sono mai permesso di dedicare dieci pagine a una scena sola. È quello che voglio fare adesso.

I suoi racconti trattano situazioni quotidiane ma con uno sviluppo surreale. Le ragazzine nasce dal brano musicale degli X-Mary dove si parla di un’amicizia/amore tra ragazze.

R: Mi piacciono i punti di vista non consueti che ti lasciano di stucco. Persone completamente diverse da me, modi di pensare lontani. Di questa canzone mi ha incuriosito il fatto che fosse stata scritta da un ragazzo e il ritornello era «sono più bella io o sei più bella tu».

 Un modo di raccontare l’adolescenza privo di cliché, che descrive i comportamenti fuori dagli schemi delle due protagoniste nel modo più naturale possibile, come se Ratigher volesse sottolineare che ognuno di noi agli occhi dell’altro può sembrare strano ma la nostra quotidianità ci rende normali a noi stessi.

La sua sensibilità racconta un finale dove una delle due ragazzine per una malattia sembra avere un destino segnato in modo emozionante e unico. E come parlare della fine? Un’unica parola, la fine è azzurra. La scena finale del fumetto, un momento drammatico, diventa per Ratigher un’occasione per caricare di significato tutta la nostra considerazione sull’amicizia. L’autore ribalta la morte dando un senso, un colore azzurro come il cielo ad avvolgere i ricordi di due amiche.

R: Se riusciamo a stringere legami forti e belli e senza compromessi, non è poi tanto importante la nostra fine, il finale di ognuno di noi è segnato, è scritto, lo sappiamo tutti, l’importante è il tempo che abbiamo a disposizione, riempirlo di cose emozionanti e vere. La protagonista forse un giorno morirà, ma c’è modo e modo di andarsene, e non era quella la fine della mia storia.

Non a caso nel 2015 con questo lavoro vince due premi molto importanti: il premio Micheluzzi come miglior fumetto e il premio Boscarato per la miglior colorazione. Vincerli con un fumetto autoprodotto significa aver inciso davvero nel panorama del fumetto italiano.

I progetti futuri sono legati alla collaborazione come sceneggiatore per alcuni numeri di Dylan Dog.

R: Scrivere per DYD è un lavoro di squadra: un altro disegnatore, in questo caso Alessandro Baggi, deve lavorare sul tuo testo e occorre accettare che lui cambi alcune cose o che addirittura le elimini.

Nel 2016 usciranno altre pubblicazioni, sono storie di lunghezza media come La notte è dei fantasmi (48 pagine), legata al mondo degli adolescenti, degli spin off di alcuni personaggi di Le ragazzine, con la Saldapress. Successivamente uscirà una graphic novel lunga (2-300 pagine), ancora top secret.