Disco Boy, l’opera prima di Giacomo Abbruzzese sorprende a Berlino

Disco Boy
Franz Rogowski (Aleksei) è il protagonista di "Disco Boy", unico film italiano in concorso alla Berlinale.

Quello di Giacomo Abbruzzese con Disco Boy è un debutto all’insegna dell’originalità, merce rara per definizione e di questi tempi in particolare. Unico film italiano (in coproduzione con Francia, Belgio e Polonia) in concorso alla Berlinale, conduce lo spettatore in un coraggioso viaggio ai confini, intesi non solo geograficamente.

La storia di Aleksei, bielorusso in fuga in cerca di una nuova patria, si intreccia infatti con quella di Jomo, combattente del Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger, luogo devastato dallo sfruttamento delle compagnie petrolifere occidentali con la complicità di governi da sempre corrotti. Sono due outsider che si incrontrano solo una volta in un momento eccezionale (e che vediamo, o meglio indoviniamo, solo attraverso le immagini di una camera termica), quando Aleksei, arruolatosi nella Legione Straniera con la speranza di ottenere la cittadinanza francese, si trova a dover liberare per conto delle autorità transalpine degli ostaggi catturati proprio dal gruppo di ribelli guidato da Jomo. Da quel momento tutto cambia nella vita di Aleksei e, in uno scambio di anime e destini che ha il crisma della trascendenza, il giovane legionario, orfano e privo di patria, abbandona di nuovo tutto e sceglie di fare ciò che il giovane ribelle africano avrebbe voluto: ballare senza freni in discoteca e appartenere solo alla fratellanza della musica (che nel film è firmata dal dj Vitalic).

Disco BoyIl regista pugliese, che ha studiato a Le Fresnoy in Francia e vive tra Parigi e Madrid, ha voluto esordire nel lungometraggio (dopo numerosi corti proiettati nei più importanti festival europei e una nomina ai César per il documentario America nel 2019) con una storia che riecheggia i classici: uno su tutti il Cuore di tenebra conradiano e la sua versione hollywoodiana di Apocalypse now, con sequenze aeree che riprendono un delta del Niger “infernale” – tra la giungla e il fuoco perenne dei pozzi petroliferi che ammorbano l’aria – che non può non ricordare il Vietnam bruciato dal napalm nel capolavoro di Coppola. E il legionario straniero, interpretato da Franz Rogowski (visto da noi nei panni dell’ufficiale nazista in Freaks Out), è una figura dal solido lignaggio letterario.

Ma su questi elementi Abbruzzese costruisce un racconto che parla a pieno titolo dell’oggi, con due personaggi nati ai margini del nostro mondo che lottano per esserne riconosciuti, per avere il diritto di entrarvi, come dice Jomo in un dialogo che è la chiave del titolo del film: “Se rinascessi bianco e occidentale, sarei un Disco Boy”. E, grazie a una incrinatura della realtà come la conosciamo, alla fine potrà in qualche modo diventarlo.

Tante dunque le chiavi di lettura di questa notevole opera prima, per la quale la regia sceglie spesso inquadrature ravvicinate e toni scuri illuminati da bagliori, portando per mano lo spettatore a immergersi in un universo “fantastico” che fa di una squallida stanza d’albergo una foresta e di una discoteca una cattedrale, in cui il rito della danza tribale che chiude il film unisce oltre il tempo e lo spazio i destini di mondi lontanissimi.