Arrivano gli showrunners!

Foto: Jacopo Brogioni.

Nel nuovo panorama della serialità italiana si sta imponendo la figura anglosassone dello showrunner, l’autore o il gruppo di autori che seguono una serie dalla scrittura fino ai più piccoli dettagli produttivi. In Italia l’esempio di maggior successo è 1992, ma ci sono realtà più piccole che stanno scommettendo su questo paradigma. Una di queste è Io tra 20 anni, spinoff web della serie Una grande famiglia. Fabio Paladini e Sara Cavosi, i due giovanissimi showrunner della Cross produzioni che l’hanno curata, ci raccontano la loro esperienza.

Sara, sei appena uscita dal Centro Sperimentale di Roma e ti sei subito trovata in questo progetto ambizioso. Come sei approdata a Io tra 20 anni?

S: Avevo saputo che alla Cross stavano cercando una figura giovane, uno sguardo femminile, e così ho deciso di inviare il mio curriculum e alcuni miei scritti. Fabio già lavorava lì (tra l’altro ho scoperto che anche lui aveva letto le mie cose, le ho trovate in un cassetto!). Dopo un colloquio ho iniziato, e già allora il progetto era nell’aria: la Rai voleva sperimentare con una serie che raccontasse i personaggi della serie principale, vent’anni prima. Ricordo una riunione in produzione insieme alla Rai e a Ivan Silvestrini: Ivan ha spiegato che cercava una ragazza da affiancare a Fabio ed «eccola, ce l’abbiamo!», hanno risposto. Per me è stato un battesimo.

Quindi iniziate subito a lavorare insieme al regista della serie, Ivan Silvestrini, e allo showrunner della serie principale, Ivan Cotroneo.

S: Silvestrini ha subito creato un team che funzionava, facendoci sentire che eravamo importanti, che il progetto sarebbe stato “nostro”, di tutti e tre. Cotroneo ci ha seguito nell’ideazione delle puntate perché tiene tantissimo a Una grande famiglia, e hai suoi personaggi. Poi, in un secondo momento, ci ha lasciati molto più liberi.
F: Sì, ci siamo trovati a lavorare con questi elementi: verticalità, casa sull’albero, capsula del tempo, personaggi di una grande famiglia.

Parlando di questi elementi, da cosa nasce l’idea della capsula del tempo?

F: Da Ivan, e questo è un aneddoto divertente. Lui ha una figlia, per cui un giorno arriva e ci dice tutto entusiasta: «Ho visto Peppa Pig, in una puntata c’è una capsula del tempo, facciamolo anche noi!», e l’abbiamo fatto!

Dopo il percorso di scrittura, a differenza di quello che succede di solito, avete seguito il regista anche nella produzione e addirittura sul set.

S: Il momento più folle è stato forse al tecnopolo, dove abbiamo girato gli interni della casa sull’albero. Ci avevano assicurato che ci sarebbe stato il wifi, invece non c’era e noi dovevamo fare dei cambiamenti da inviare di corsa alla produzione… Abbiamo dovuto disperatamente cercare una connessione internet! Il ritmo era molto serrato.

F: Si è girato tutto in sei giorni. È stato molto divertente.

Questo coinvolgimento per tutta la fase produttiva e di riprese, come ha influito sul copione che avevate scritto?

F: Ivan ci ha voluto con lui a seguire i casting sin dal primo momento.

S: Il caso sicuramente più interessante è stato quello di Marta Jacquier. Quando l’abbiamo vista ci ha colpito subito, sia noi che Ivan la volevamo nella serie. Il personaggio inizialmente era molto più svampito di com’è lei: Marta ha uno sguardo molto consapevole, maturo. Quando l’abbiamo vista ai provini, abbiamo deciso di ricalibrare il personaggio su di lei e ha funzionato.

F: Siamo stati responsabili di scelte importanti, che vanno al di là del solito lavoro dello sceneggiatore: trattandosi sempre di una webserie (anche se per essere una webserie ha un impianto solido), è una di quelle situazioni in cui ti trovi a dover fare un po’ tutto: ci siamo trovati a dover girare i contributi extra per il portale, come le clip in cui si presentavano i personaggi, perché in sei giorni Ivan non poteva seguire tutto. E allora ci siamo armati di telecamera, siamo andati e abbiamo girato.

S: E poi se sei sul set gli attori vengono da te…

F: “Come devo dire questa battuta, quest’altra non mi torna…”. È un tipo di lavoro molto interessante, nuovo, per chi viene da una preparazione classica.

Fabio, tu in particolare vieni da una formazione ibrida, di sceneggiatore televisivo da una parte e di filmmaker web dall’altra.
F: Ho frequentato il Centro Sperimentale di Milano, poi sono venuto a Roma e da lì ho iniziato a lavorare in reparti di scrittura. Ho vissuto una certa flessione del mercato televisivo rispetto a Sara, perché ho iniziato a lavorare a Roma nel 2007 e fino al 2010 la situazione a livello lavorativo era molto diversa, c’erano produzioni che investivano su giovani sceneggiatori perché producevano lunga serialità consolidata. Dopo è cambiato tutto. Io però ho anche una formazione di filmmaking, e a un certo punto ho deciso di investire sul web. A posteriori mi rendo conto che è stato un po’ tutto questo a portarmi dove sono adesso. Se non avessi fatto Soma [la webserie di cui ha firmato i primi due episodi, premiata con cinque awards al LosAngelesWebFest] non avrei conosciuto Ludovico Bessegato [della CROSS production, la produzione dietro a Io tra 20 anni].

Com’è successo?

F: Un giorno un’amica comune mi dice: «Dovresti farti due chiacchere con Ludovico». Ci siamo presi un caffè e gli ho parlato dei miei progetti da filmmaker, così chiacchierando ha scoperto che in realtà venivo dalla televisione più classica, non ero solo il filmmaker fricchettone che faceva i fantathriller! Da lì ho iniziato a lavorare con lui. Avevo scritto delle puntate anche di prima serata, ad esempio quando lavoravo su La Squadra, però ecco, ero sempre stato un autore di puntata, mai curatore di un’intera serie.

Dopo questa esperienza, voi invece come vi vedete tra vent’anni?
F: Io starò pagando l’università a mio figlio, che adesso ha due mesi! Mi piacerebbe continuare a lavorare con questo sistema, a essere showrunner e scrivere belle serie.

 S: Ho in mente anche il cinema, vorrei scrivere un film. Ma le possibilità di racconto che ti dà una serie mi affascinano. Siamo cresciuti con le serie internazionali, spero che un giorno potrò dire di averne scritta una anche io.