Vertigo: il segreto della campagna pubblicitaria perfetta

Vertigo logo Diabolik
Il logotitolo ufficiale, parte della campagna per "Diabolik" ideata da Vertigo.

Lo chiamavano Jeeg Robot, Dogman, La Dea Fortuna, Pinocchio, I predatori, Freaks Out, Diabolik, Favolacce, A Classic Horror Story: questi sono solo alcuni degli oltre cento titoli di cui Vertigo, agenzia pubblicitaria di proprietà della Demba Media Group, si è occupata nel corso dei suoi sei anni di vita. Fieramente diversa dalle realtà concorrenti, Vertigo nasce dall’incontro tra Marco De Micheli e Federico Mauro che, come ci racconta proprio quest’ultimo, avevano un’esigenza in comune: “Volevamo dare vita a un’agenzia di comunicazione che riuscisse a ideare e coordinare tutte le fasi della campagna pubblicitaria di un film. Lavorando in Fandango a diverse campagne virali, come quelle di Qualunquemente o Diaz, mi sono reso conto che il segreto del loro successo era il fatto che la comunicazione fosse centralizzata e concepita in modo strategico e integrato, grazie a un’unica visione d’insieme. Ciò in Italia di solito non è possibile, perché le agenzie si occupano solo di determinati asset. Da qui, l’idea di fondare Vertigo”.

Se potessi scegliere una campagna di cui sei particolarmente orgoglioso, quale sarebbe?

È una domanda difficile, perché sono tanti i progetti a cui sono legato, professionalmente ma anche umanamente. Non ho una preferenza assoluta, ma le campagne fatte per Smetto quando voglio, Lo chiamavano Jeeg Robot o Veloce come il vento le ricordo con grande piacere. Così come le collaborazioni con Matteo Garrone, con cui abbiamo lavorato sia per Dogman sia per Pinocchio, oppure con i Manetti Bros, di cui abbiamo curato Ammore e malavita o Diabolik

Hai citato titoli molto diversi tra loro. Cosa vi porta a scegliere un progetto più di un altro?

Essendo un’agenzia siamo ovviamente aperti a prodotti anche stilisticamente e narrativamente molto distanti tra loro, perché ci poniamo sul mercato come dei professionisti capaci di gestire ogni tipo di film. Poi, come è giusto che sia, ognuno ha la propria sensibilità e le proprie preferenze, ma ciò non interferisce con il nostro lavoro, anzi! Ti faccio un esempio: io personalmente non amo un certo tipo di commedia italiana come la si è definita e concepita ultimamente, ma questo è risultato essere un vantaggio nel nostro mestiere, perché mi ha portato a pensare in modo diverso. Quando ci siamo dovuti confrontare con titoli più leggeri, abbiamo cercato modi nuovi per promuoverli, inserendo anche elementi atipici per il genere e scardinando gli stereotipi visivi che accompagnano tradizionalmente la loro pubblicità.

Quando seguite la direzione creativa di progetto, come lavorate? Esiste una ricetta per la campagna pubblicitaria perfetta?

La ricetta perfetta non esiste. Bisogna essere onesti con il film e capire che ogni prodotto ha una modalità di comunicazione differente, quantitativamente e soprattutto qualitativamente parlando: è ovvio che se hai un blockbuster di grande impatto, la campagna permette uno storytelling promozionale articolato. Quando siamo i responsabili della direzione creativa, entriamo nel progetto già in fase di sceneggiatura, pianificando le varie attività e i diversi contenuti, che possono essere eventuali teaser, trailer più ad ampio respiro, poster, video più o meno lunghi, anche calibrati a seconda dei target. Certe volte usciamo anche dagli schemi, per mostrare qualcosa di diverso capace di solleticare il pubblico. Tutto però dipende sempre dal film: la comunicazione altro non è che un abito su misura, capace di nascondere eventuali difetti e di mettere in evidenza 

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