Era ora, “contare fino a dieci” non basta

Era ora
Edoardo Leo e Barbara Ronchi in "Era ora" su Netflix.

Capita a tutti almeno una volta di sentire il tempo scivolarci tra le mani, desiderare di averne di più, di proiettarci sempre più avanti nel futuro dimenticando il passato e ignorando il presente. Tempo: questa la parola chiave, ed è tutto intorno al tempo che gira Era ora, il nuovo film di Alessandro Aronadio (sceneggiatore di Gli uomini d’oro di Vincenzo Alfieri) con protagonisti Edoardo Leo e Barbara Ronchi (Settembre, Fai bei sogni) liberamente ispirato a Long story short di Josh Lawson.

Fra i titoli più visti nell’ultima settimana su Netflix e prodotto da BIM, Palomar e Vision, Era ora è la storia di Dante: dedito fin troppo al lavoro, lo vediamo fin dall’inizio sempre in ritardo per qualcosa, correre da una parte all’altra della città riempendosi l’agenda giornaliera con impegni di ogni tipo. Sposato con Alice – pittrice, “mezz’elfa” e inguaribile romantica – la sera del suo quarantesimo compleanno fa tardi alla sua festa e, spegnendo le candeline, esprime uno strano desiderio. La mattina tutto cambia e si risveglia esattamente un anno dopo: la casa sistemata e Alice incinta. Così sarà per ogni suo nuovo risveglio, saltando di volta in volta un anno della sua vita che non ricorda e che non potrà più recuperare. La sua vita, il suo lavoro, la sua famiglia e quotidianità cambieranno senza che lui ne abbia il controllo.

Dante è un personaggio passivo e rappresenta tutti noi: la nostra impotenza davanti agli eventi, la nostra eterna corsa in cerca di tempo che sembra non bastare mai, le nostre paure davanti all’inesorabile scorrere della vita. Allora cosa fare quando tutto è fuori controllo? Era ora è un film che ci invita a rallentare, a “contare fino a dieci”, a godere dell’amore, dell’amicizia, di una giornata di riposo.

Era ora si inserisce bene nel panorama delle commedie romantiche all’italiana pensate per un target familiare molto vasto: ma, come spesso accade, a navigare in acque già ampiamente esplorate si rischia di trovare un mare fin troppo calmo e noioso. Le intenzioni di partenza e le riflessioni che il film si propone di suscitare sono sì ben conosciute, ma non invecchiano mai male; tuttavia una regia dinamica ma spesso invadente, una sceneggiatura che in tutta la parte centrale fatica a delineare una chiara direzione della storia e dei personaggi privi di una vera tridimensionalità non aiutano a dare forza al racconto.

Capita insomma di chiedersi quale sia il vero scopo della storia, perché viene raccontata, dove – dietro ai virtuosi movimenti di macchina un po’ fini a se stessi – si nasconde la voce del regista. Era ora appare quasi una catena di sequenze, immagini, che raccontano una storia a metà,  senza il coraggio di andare fino in fondo, rimanendo sulla superficie degli argomenti trattati.