Open Mic ad Alain Parroni: I figli vincono sempre

Alain Parroni
Il quaderno di appunti di Alain Parroni, regista di "Una sterminata domenica", Premio Speciale della Giuria a Venezia Orizzonti nel 2023.

Fotocopio tra le pagine di Fabrique du Cinéma alcune pagine del mio quaderno personale e inauguro così un microfono aperto per noi autori. Ecco la responsabilità di parlare a briglia sciolta: la consapevolezza che queste parole non faranno male a nessuno, che non serviranno a niente.

Oggi mi chiedo: il nostro modo di interpretare il mondo, di percepirlo in modo così personale e distintivo, è davvero autentico? Di chi sono realmente i nostri pensieri? Dei nostri genitori? Dei nostri insegnanti? Della comitiva che abbiamo frequentato? Degli americani? Dei giapponesi? 

Sicuramente il Cinema c’entra qualcosa. Ecco perché lo scelgo consapevolmente, giorno per giorno, come mestiere. Scelgo il cinema per tornare alle radici del mio pensiero.

Ho trentadue anni. Ho fatto solo un film, ma ne penso di continuo altri cento. Mi sento decrepito, quando mi accorgo di quanto sia cambiata la fruizione negli ultimi tempi. Ho finito la scuola di Cinema sette anni fa, quando le piattaforme ancora non erano diffuse in Italia. I film venivano consumati l-e-n-t-a-m-e-n-t-e, uno per volta, in DVD o Torrent, rippati sempre da DVD e da Blu-ray. Ora invece ci tuffiamo in un flusso costante di immagini filmiche, in una sola giornata possiamo perderci in riflessioni a cui gli autori del passato hanno dedicato un’intera vita, e possiamo illuderci che quei pensieri siano davvero nostri. Ma non è così.

La verità è che il Cinema resta un bene di consumo, proprio come l’avevano immaginato gli uomini del primo ’900. Il Cinema resta uno spettacolo d’intrattenimento in cui anche il film più sociale, sensibile, puro, necessario, ha come primario obiettivo quello di staccare biglietti e vendere pop corn. Allora chissà di cosa tratterebbero i film se fossero gratis e se non cercassero di adescare più pubblico possibile. Internet ci ha insegnato che possiamo condividere qualsiasi cosa, tuttavia ci rifugiamo spesso nelle opinioni altrui per non sentirci esclusi dal grande gruppo radunato dai social. Ma non dovremmo sentirci sbagliati per amare un film che tutti odiano o viceversa, per voler raccontare una storia che sembra importante solo a noi. Il cinema è un’altra cosa: ma quella “cosa altra”, cos’è? Appartiene di fatto alle nostre immagini interiori. 

Allora mi rivolgo a te, sedicenne di oggi: gira nell’immediato un film. Fallo ora. Esplora l’immaturità dei sensi, l’istinto dei pensieri. Gira e diffondi il tuo modo di guardare il mondo, distribuisci i tuoi film su Whatsapp, le tue opinioni su Youtube, usa intelligenze artificiali generative per creare immagini, scaccia o anestetizza quello che ti sta educando alla percezione. Quando sarai adulto verrai guidato da altro, e passerai la vita a combattere questo sentimento di inadeguatezza. Allora esplora adesso con ingenuità, e non pensare mai che un gesto del genere valga meno di un’opera che vince premi e fa grossi incassi. Quello è un concetto del XX secolo. 

Di chi sono i nostri pensieri e le nostre parole, quindi? Forse sono davvero nostri solo il giorno in cui veniamo al mondo. Ad oggi riconosco che le mie strutture sono totalmente aderenti a quelle degli uomini del 1900, e nonostante tenti di allontanarmene, sono ormai fregato. Non trovando rifugio negli scavi delle civiltà più antiche, auspico quindi di essere salvato dagli adolescenti incoscienti del 3000. Perché nonostante tutto, sono i figli che sopravvivono, sono i figli ad avere tutte le ragioni. I figli vincono sempre, perché hanno sempre loro l’ultima parola.