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Giulia Carlei

Antonio Manzini: il mio Rocco per lo Spallanzani

Antonio Manzini è uno degli scrittori più amati dai lettori: negli ultimi anni i suoi libri sono sempre in testa alle classifiche sia in Italia che all’estero. Manzini ha lavorato nel cinema e in tv come sceneggiatore, regista e attore, ma è soprattutto il padre del personaggio di Rocco Schiavone, interpretato da Marco Giallini nell’omonima fiction su Rai 2 per tre stagioni che hanno fatto il pieno di ascolti.

[questionIcon]Da pochi giorni è uscito un tuo breve racconto inedito dal titolo L’amore ai tempi del COVID-19 sul sito di Sellerio. Hai fatto un dono ai tuoi lettori che lo possono scaricare gratuitamente. Al termine del brano rivolgi il tuo invito per una libera donazione destinata all’Ospedale Spallanzani di Roma. 

[answerIcon]Mi sembrava giusto, in un momento come questo, provare ad alleviare le persone dalla pesantezza di questa reclusione con un racconto che spero possa far loro bene. Ho pensato di “regalare” un racconto perché credo che di questi tempi ognuno debba condividere quello che sa fare meglio. Io non sono né un medico, né un infermiere, io scrivo, per cui l’unica cosa che posso fare è donare qualche momento di svago a chi mi legge. Inoltre non ti nego che mi divertiva molto l’idea di mettere Rocco Schiavone in una situazione allucinante come quella che stiamo vivendo. Leggere il brano è semplicissimo: si va sul sito di Sellerio e compare immediatamente una foto della mia fantastica faccia [ride] e un pulsante con il titolo L’amore ai tempi del Covid-19. A questo punto si scarica il brano o in formato PDF oppure in epub. La cosa a cui tengo molto è la richiesta per una piccola donazione destinata allo Spallanzani di Roma. Il link per effettuarla lo potete trovare alla fine del brano. Mi sembra un gesto opportuno, vista la situazione attuale e in generale, considerando che i soldi nella sanità non bastano mai, anzi, sono trent’anni che li tagliano e solo ora si sono resi conto del danno.

[questionIcon]Da quanto tempo è partita questa iniziativa e come sta andando?

[answerIcon]Questo progetto è partito da neanche una settimana e devo dire che sta andando veramente bene. Sellerio dice che sul sito sono circa 30.000 le persone ad aver letto il racconto. A questo si debbono addizionare le visualizzazioni provenienti dal sito di Feltrinelli e di altre due librerie online. Rispetto alle cifre raccolte non so ancora nulla, ma spero possano contribuire a dare un piccolo aiuto a persone che se lo meritano immensamente.

[questionIcon]Rocco Schiavone, fiction di grande successo per Rai 2 con Marco Giallini. Ti è già stato chiesto tanto su questo personaggio: qualcosa di nuovo su di lui che non conosciamo ancora?

[answerIcon]Ti posso dire che le nuove puntate dovevano essere girate a marzo ma diciamo che il Covid ha detto no! Sono state rimandate a data da destinarsi, quando questo virus si darà una calmata. Mi auguro al più presto che si possa tornare alla normalità e non parlo solo di Rocco Schiavone, ma in generale di tutto il comparto cinematografico e teatrale. Io sono stato attore per tanti anni e il teatro si è sempre retto, come si dice a Roma, “con du’ pinze e ‘na tenaglia” e questa botta proprio non ci voleva. Ci sono tanti lavoratori dello spettacolo che oggi sono a spasso, senza neanche una speranza di lavoro a breve termine. Per questo spero che lo spettacolo, e quindi anche i cinema e i teatri, possano tornare presto a riaprire porte e sipari. Mi auguro che i nostri governatori facciano loro il pensiero di Winston Churchill che, durante la II° guerra mondiale, quando gli proposero di togliere i soldi alla cultura per difendere lo sforzo bellico, rispose: ”E allora che combattiamo a fare!”.

[questionIcon]Come vedi l’immediato futuro del cinema e della fiction in un momento così difficile per tutta la filiera dell’audiovisivo?

[answerIcon]Sono un ottimista e penso che le energie che stiamo accumulando siano come delle batterie. Tutte le persone che fanno cinema, teatro e comunque spettacolo in generale, si stanno “caricando” dentro le case e sono convinto che quando si tornerà alla normalità potranno finalmente esplodere e sono certo che vedremo cose molto molto belle.

[questionIcon]Che diresti ai giovani che vorrebbero fare il tuo lavoro?

[answerIcon]Dico che, se è una cosa di cui non si può fare a meno, cioè, se ci si sveglia la mattina pensando solo a questo, se la passione diventa quasi un’ossessione, allora ritengo che questo lavoro si debba perseguire nonostante ogni asperità. Se si sente il bisogno di raccontare, di esprimersi e di condividere idee, storie ed emozioni, che si faccia perché così è la cosa più bella del mondo. L’unico consiglio che mi sento di dare è di non “usarlo” mai come una scorciatoia per arrivare ad altro perché allora non serve. Abbiamo bisogno di persone che in questo lavoro ci credano, tanto e fino in fondo. Non credo occorra altro se non… una pazienza gigantesca!

[questionIcon]Cosa direbbe Rocco Schiavone ai lettori di Fabrique in questo momento?

[answerIcon]Sicuramente Schiavone inciterebbe tutti a stare in casa, a stare tranquilli: “Stay safe and stay alive! Fate i bravi, pensate al vostro bene e a quello degli altri”. Poi, conoscendolo bene, sicuramente si affaccerebbe alla finestra con la sua sigaretta in bocca, guarderebbe la sua Roma e vedendola in questo stato direbbe: “Mecojoni!”.

Giuseppe Saccà: è in atto un cambio di paradigma

Giuseppe Saccà, 37 anni, produttore di quel Favolacce dei gemelli D’Innocenzo premiato con l’Orso d’Argento a Berlino che avrebbe dovuto uscire nelle sale ad aprile, ci racconta come potrà evolversi la distribuzione dei nuovi titoli con la chiusura delle sale per l’emergenza da coronavirus e, più in generale, del cambio di paradigma a cui stiamo assistendo in questi tempi.

Iniziamo con una domanda inevitabile. Come stai vivendo il presente?

Con una forte apprensione ma anche con ottimismo. Spero che quello che sta succedendo porti tutti a capire l’importanza e la bellezza delle piccole cose, dal vedere un film in sala con gli amici, a una mostra al museo o uno spettacolo a teatro. Sono tutte cose che davamo per scontate prima ma che ora non lo sono più. Abbiamo compreso che c’è un qualcosa di più grande di noi, in questo caso è di dimensioni microscopiche ma comunque è molto potente e capace di fermare tutto. Questo ci ricorda la caducità della vita e ci ribadisce che non siamo immortali. Probabilmente non tutti saremo più gli stessi. Molti lasceranno il proprio lavoro perché si renderanno conto di averlo sempre odiato, lasceranno i vecchi amori e ne troveranno di nuovi.

Sei produttore indipendente dal 2014, prima hai un passato da attore. C’è un collegamento tra le due esperienze? Cosa ti ha fatto fare questo salto?

Penso che aver visto questo lavoro anche da un’altra angolazione sia importante. Sicuramente essendoci passato ho prestato una particolare attenzione come produttore nei film fatti da Pepito, e lo si vede anche in Favolacce, con attori sconosciuti al grande pubblico come Gabriel Montesi, Barbara Chichiarelli, Max Malatesta, Ileana d’Ambra e Lino Musella. A farmi prendere la decisione vera e propria di lasciare il lavoro di attore è stato anche il fatto che ho capito di non avere il carattere per fare questo mestiere. Richiede una corazza dura, la forza di resistere a tutti i “no” che ti vengono detti e la voglia di essere esposti, cose che non mi appartenevano fino in fondo.

Nel 2018 hai prodotto La terra dell’abbastanza dei fratelli D’Innocenzo. Come è avvenuto questo incontro?

In realtà i Fabio e Damiano hanno fermato mio padre Agostino a teatro e gli hanno chiesto se poteva leggere un loro copione. Mio padre, uomo curioso e intuitivo, ha preso il copione, lo ha letto tutto la notte stessa e la mattina mi ha chiamato per dirmi che secondo lui era straordinario. Anche Rai Cinema, nella persona di Paolo del Brocco, partner industriale e finanziario ma anche e soprattutto partner editoriale, ha creduto subito in questo progetto. Se un giovane produttore e due giovani registi dopo soli quattro anni si trovano a ritirare un Orso d’argento alla loro opera seconda, tutto ciò è frutto del lavoro di una squadra che termina con un distributore internazionale che è Michael Weber di The Match Factory, una società di vendita mondiale che rappresenta filmmaker di tutto il mondo. È Rai Cinema che ha cresciuto me e questi due registi e mi sento di doverla ringraziare per questo.

EPA/RONALD WITTEK

Berlino 2020, Favolacce vince l’Orso d’argento per la sceneggiatura. 

Favolacce è un film estremamente contemporaneo. Io credo che il talento di Damiano e Fabio sia la loro incredibile connessione con la contemporaneità: il film parla dei nostri tempi e anche di questo momento, paradossalmente, perché parla di solitudine e di incomunicabilità all’interno delle famiglie. In Favolacce, come ne La terra dell’abbastanza, i personaggi sono allo stesso tempo infernali ed estremamente poetici, veri. Sullo schermo non si muovono caratteri e attori fasulli, gli spettatori riconoscono se stessi in tutte le loro ombre ma anche in tutta la loro luce.

Parliamo della distribuzione del film. Prevedi ci saranno delle novità in merito, considerando i tempi imprevedibili di riapertura dei cinema?

Questa è la domanda capitale che tutto il sistema cinematografico si sta facendo adesso. So che si sta iniziando a ragionare anche su modelli distributivi diversi o meglio di incentivare quelli che già esistono. Si parla di distribuire direttamente su piattaforme online, ma non ti posso assicurare che questo sarà il caso di Favolacce. Qualora comunque si tendesse a prendere questa strada, tutta la filiera produttiva dovrà essere d’accordo. Io, da produttore, non posso far altro che ragionarci perché un prodotto non può rimanere fermo e perché il pubblico giustamente vuole poterne fruire, ma accanto a questo dico che dobbiamo tutelare al massimo la sala perché è un bene imprescindibile.

Progetti futuri, sperando ovviamente di tornare presto alla normalità?

Con i fratelli D’Innocenzo stiamo già lavorando sul loro prossimo film; stavamo inoltre partendo con la preparazione di un film sulla famiglia de Filippo con la regia di Sergio Rubini. Ci sono anche un paio di esordi molto interessanti di cui però ancora non posso parlare. Inoltre io ho fondato da poco una società che si occupa di arte contemporanea. Siamo allestendo un museo multimediale a Enna, un progetto molto interessante perché sono profondamente convinto che l’arte, il cinema e la moda siano dei mondi che si debbano intrecciare. Basti pensare ad esempio al lavoro straordinario che sta facendo Alessandro Michele, il giovane direttore creativo di Gucci.

Che consigli daresti a chi vorrebbe lavorare nella produzione cinematografica?

Io non do consigli ai giovani perché secondo me non ne hanno bisogno. Li darei invece ai miei colleghi produttori indipendenti, soprattutto a quelli più grandi di me. Sono loro che devono favorire l’accesso alla filiera produttiva degli under 35, perché penso che la chiave vincente non sia la “rottamazione” ma la fusione e la collaborazione tra generazioni. Sono dell’idea che chi ha fame e ha voglia di fare è portatore di novità e di linguaggi: ne sono un esempio proprio Fabio e Damiano D’Innocenzo. L’unica cosa importante è trovare il giusto equilibrio tra chi è giovane e porta innovazione e chi invece percorre queste strade già da tempo e quindi ha esperienza e conoscenza. Oggi assistiamo a un cambiamento di paradigma per cui sono proprio i giovani a darci la chiave e gli strumenti culturali per leggere il mondo e consentire a noi più adulti di entrarci in contatto. Io ho 37 anni e sono figlio di una cultura novecentesca come mio padre e come mio nonno, ma ora sono la Generazione Z e i Millennials a possedere le chiavi per leggere il presente. Mi rivolgo produttori più maturi, alle banche che danno i crediti, a Rai Cinema, a Rai Fiction. A loro dico di fare sempre di più, anche in questo momento di crisi, perché è soltanto nella collaborazione che può venire fuori qualcosa di nuovo e importante.