C’è qualcosa di nuovo e importante nel corto Antonino di Angelo Campolo. Non è semplice in un momento in cui ormai la narrazione di un percorso (riuscito o meno) di riabilitazione di minorenni fa parte di un vero e proprio filone cinematografico autonomo, con i propri luoghi iconici, a partire dal contrasto tra l’adulto empatico e l’adolescente ribelle. Un bel pregio di “Antonino”, sul piano della realizzazione, è che l’autore agisce per sottrazione, sia come regista che come coprotagonista, nella fiction come nella realtà.
Il cortometraggio, infatti, è la sintesi audiovisiva della effettiva competenza di Campolo nel teatro sociale e in particolare di un emblematico evento accaduto durante un laboratorio teatrale rivolto a giovani destinati alla “messa alla prova” dal Tribunale per i minorenni. Le difficoltà di stabilire una comunicazione tra il regista del laboratorio e i ragazzi, le reazioni violente in particolare di uno di loro (l’Antonino del titolo), le discussioni tra gli altri adulti che a vario titolo seguono il gruppo (un sacerdote, i servizi sociali, gli educatori) non sfociano mai in esplosioni drammaturgiche a effetto, ma si susseguono con una linearità di sequenze che diventa più potente proprio nella sua semplicità espressiva.
Anche perché, ulteriore pregio, le autentiche ragioni del malessere di Antonino scaturiscono proprio dagli affetti più cari e vengono rivelate con la medesima trasparenza dell’impianto generale, senza cercare colpi di scena. Mostrando quanto sia sempre attuale la riflessione sulla “banalità del male” o in questo caso sulla banalità della malavita, in linea con l’importante protocollo “Liberi di scegliere” del giudice Roberto Di Bella, che Campolo sostiene in prima persona.
All’efficacia di “Antonino” contribuiscono tutti gli interpreti, a partire dall’esordiente Lorenzo Nocella, già capace di saper incarnare l’arroganza, rendendo quasi superflua la piccola cicatrice disegnata sul volto, fino agli altri attori già esperti (Anna Maria De Luca, Giovanni Moschella, Mattia Bonaventura, Irene Muscarà, Giovanna Mangiù e Lorenza Denaro), che assieme alla troupe snella e competente (fotografia di Morgan Maugeri) e alla produzione piccola ma battagliera si amalgamano in un risultato coerente e convincente.
FRANCO CICERO è giornalista e critico cinematografico. Per oltre trent’anni alla Gazzetta del Sud, ha raccontato il cinema italiano con particolare attenzione agli autori e alle produzioni siciliane. È stato vicepresidente nazionale e membro del direttivo del Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici Italiani, oltre che componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Taormina Arte Sicilia. Autore di numerosi saggi e monografie, tra cui Giuseppe Tornatore – Uno sguardo dal set, Il cinema sopra
Taormina e Taorminacinquanta, ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua attività critica e culturale.














